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 2015  novembre 25 Mercoledì calendario

Miniere abbandonate che si trasformano in musei. Succede in Germania

Che fare del carbone della Saar? Prevedo che la domanda possa provocarne un’altra: che c’importa? Ma le miniere della piccola regione di confine, grande quasi un ottavo della Sicilia, neanche un milione di abitanti, fanno parte della storia d’Europa, della nostra storia. Il Land fu occupato dai francesi dopo la «grande guerra», e dopo l’ultimo conflitto per poco non passò definitivamente alla Francia.
Tornò alla Germania, dopo un referendum, solo il primo gennaio del 1957. La Neue Zürcher Zeitung, lenta ma attenta, dedica al carbone un tempo conteso un lungo reportage.
Le miniere, chiuse dal 2012, sono state trasformate l’estate scorsa provvisoriamente in una sorta di grande esposizione, un museo industriale. I turisti le possono visitare e scoprire la vita dei minatori, in un passato molto vicino. Ma che cosa fare dell’infinita rete di gallerie, che hanno trasformato la zona, scrive il quotidiano in «un formaggio svizzero»? È anche un problema di sicurezza, non solo di nostalgia, aggravato dal fatto che la Saar ha le casse vuote.
Fu il principe Wilhelm Heinrich von Nassau-Saarbrücken a statalizzare, nel 1751, i giacimenti di carbone, sfruttati fin dall’antichità. Da allora sono state estratte un miliardo e trecento milioni di tonnellate, senza contare i milioni di tonnellate di detriti. Le gallerie, alcune profonde oltre i mille metri, altre estese per chilometri ma a pochi metri dalla superficie, abbandonate e poco curate, con il loro improvviso cedimento hanno provocato più volte terremoti locali. Nel 2007, un crollo causò un movimento tellurico che bloccò la produzione della fabbrica Ford a Saarlouis.
Il 23 febbraio del 2008, la scossa provocò il crollo di parte della facciata di una chiesa a Saarwllingen, e i detriti sfiorarono i bambini riuniti per una lezione di catechismo. Finalmente, ci si accorse della necessità di un intervento urgente, e l’allora primo ministro regionale Peter Müller decretò di chiudere tutte le miniere, previsto per il 2018, con sei anni di anticipo. Gli utili non erano proporzionati ai rischi. Anche nella Ruhr le miniere di carbone sono state abbandonate da anni, e si sono spenti gli altiforni. Si tiene aperta, ma non sfruttata, una sola miniera, nel caso che una nuova crisi energetica costringa a ricorrere al carbone.
Nella Saar ci si divide sugli interventi possibili. Alcuni propongono di tornare a riempire con sabbia le gallerie che si spingono fin quasi in Lorena, ad evitare altri crolli. Un’impresa costosa e difficile. Le miniere abbandonate, inoltre, vengono invase dall’acqua. Le soluzioni sono due, e opposte: o si allagano le gallerie, sorvegliando però il livello dell’acqua, per mantenere un equilibrio, oppure, al contrario, si aspira l’acqua pompandola in laghetti artificiali. Il costo complessivo viene stimato intorno ai 18 milioni di euro all’anno, da qui all’eternità.
La società responsabile, la Ruhrkohle Ag, la Rag, suggerisce di allagare le gallerie, in modo controllato, ammettendo che non si tratta di una soluzione definitiva. Gli esperti sono contrari, i politici favorevoli, perché è l’alternativa meno costosa. Infine, rimane il rischio che i detriti finiscano per inquinare la falda acquifera. Mentre si discute, non resta che visitare le miniere abbandonate: il passato trasformato in un gigantesco luna park.