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 2015  novembre 25 Mercoledì calendario

Tutte le contraddizioni occidentali contro il terrorismo. E intanto il Califfo se la ride

Dicono che c’è una formidabile coalizione anti-Isis. Ma un caccia della Russia, che ne fa parte, viola lo spazio aereo della Turchia, che ne fa parte, la quale a sua volta lo abbatte, costringendo i due piloti ad atterrare in territorio siriano dove – pare – vengono uccisi dalle milizie anti-Assad, sostenute a parole dall’Occidente ma bombardate en passant dalla Russia. Che annuncia vendetta contro la Turchia. Mirabile prova di compattezza della coalizione anti-Isis. Il Califfo, intanto, se la ride.
Dicono che la guerra all’Isis si vince bombardando lo Stato islamico dall’alto, ma i bombardamenti dall’alto gettano altra benzina sulla rabbia delle popolazioni facendo soprattutto vittime civili, come quello americano a Kunduz in Afghanistan, che ha centrato in pieno un ospedale di Medici senza frontiere, assassinando almeno 20 fra pazienti e personale medico. Il Califfo, intanto, se la ride.
Dicono che l’Isis si finanzia vendendo petrolio al mercato nero (anche alla Siria di Assad, che dicono essere un alleato irrinunciabile della coalizione contro l’Isis), ma mai che un caccia della coalizione anti-Isis bombardi un pozzo petrolifero dell’Isis, nemmeno per sbaglio. Il Califfo, intanto, se la ride.
Dicono che l’Arabia Saudita è impegnatissima con la coalizione a combattere l’Isis, ma l’Arabia Saudita finanzia da sempre il jihadismo – figlio della teologia wahabita nata in Arabia Saudita – e finora ha decapitato più persone di quante ne abbia decollate l’Isis, e come questa perseguita sciiti e atei, oltre a distruggere siti archeologici di grande valore culturale e religioso vicino a Mecca e Medina, e a bombardare da 7 mesi lo Yemen con le armi gentilmente fornite dall’Occidente. Il Califfo, intanto, se la ride.
Dicono che aveva ragione Oriana Fallaci e che chi dissentiva da lei le deve le scuse postume, ma la Fallaci dopo l’11 settembre suggerì all’Occidente di fare esattamente ciò che ha fatto: invadere l’Afghanistan e l’Iraq, col risultato che fino al 2001 i morti per terrorismo nel mondo erano ogni anno meno di 3 mila e nel 2014 erano triplicati a 32 mila, dieci volte i caduti nelle Torri gemelle (senza contare le decine di migliaia di vittime della guerra civile siriana, fonte Gti: Global terrorism index). Pochi comprendono che il jihadismo vuole eliminare la zona grigia, quella della stragrande maggioranza moderata o agnostica degli islamici, con una chiamata alle armi “o con noi o con l’Occidente”. Il Califfo, intanto, se la ride.
Dicono che è una guerra di religione perché l’Islam radicale ha dichiarato guerra alle religioni non islamiche d’Occidente, dunque tutti i musulmani devono prendere le distanze dall’Isis, anzi dal terrorismo, anzi dal radicalismo, anzi possibilmente dall’Islam per dimostrarsi veramente “moderati”. Ma il maggiore Stato islamico, l’Indonesia (200 mila musulmani) è del tutto estraneo al conflitto. La guerra riguarda solo l’Islam arabo (320 milioni di islamici su un miliardo e mezzo), e soprattutto vede schierata una parte di islamici arabi (jihadisti sunniti) contro tutti gli altri (sciiti, yazidi, sunniti non jihadisti ecc). Infatti le vittime del terrorismo islamista sono quasi tutte di religione islamica (24.517 su 32 mila) e gli attentati colpiscono prevalentemente paesi a maggioranza musulmana. Nel solo 2014 sono morte ammazzate 9929 persone in Iraq, 7512 in Nigeria, 4505 in Afghanistan, 1760 in Pakistan, 1698 in Siria, 654 nello Yemen, 429 in Libia. I paesi occidentali (Europa e America del Nord) sono buoni ultimi con il 2,6% delle vittime. Nel 2015 i morti islamici per mano dei terroristi islamisti sono 23 mila, contro i 148 europei (Parigi, Copenaghen e di nuovo Parigi), i 224 russi (sull’aereo in volo sul Sinai) e i 59 trucidati in Tunisia fra il museo del Bardo e la spiaggia di Sousse. Pochi capiscono che il terrorismo jihadista – da al Qaeda all’Isis – usa il pretesto della religione per perseguire strategie e obiettivi politici. Il Califfo, intanto, se la ride.
Dicono che le stragi di Parigi sono il punto di non ritorno, ma a Parigi sono morte molte meno persone che nel mercato di Beirut o sull’aereo russo nel Sinai, due attentati che non hanno destato la stessa reazione in Occidente. Delle vittime di Parigi conosciamo tutto, volti, storie, parenti, funerali, mentre delle 44 vittime di Beirut –anche lì bambini, studentesse, padri di famiglia – non sappiamo nulla: eppure sono morte ammazzate solo il giorno prima di quelle di Parigi, uccise da kamikaze armati nello stesso identico modo di quelli di Parigi. Nulla sappiamo neppure dei sette Hazara sciiti decapitati dall’Isis il 30 settembre scorso in Afghanistan, compresa una bambina di 9 anni. Né dei 145 fra studenti e bambini trucidati a Peshawar, in Pakistan, nel dicembre scorso. Ci sono dunque morti di serie A (i “nostri”) e di serie B (i “loro”), e molti islamici nelle nostre periferie-ghetto penseranno che i valori della civiltà occidentale non valgono per tutti, e i foreign fighters che corrono ad arruolarsi nell’Isis aumenteranno. Il Califfo, intanto, se la ride.
Dicono che l’Occidente è compattamente schierato contro l’Isis, ma pochissimi paesi occidentali accolgono i profughi siriani che fuggono dalle mattanze dell’Isis, accomunati a noi dallo stesso nemico. Anzi, i politici e i commentatori di destra che paiono i più intransigenti contro l’Isis lo sono poi altrettanto contro i profughi che fuggono dall’Isis: li accusano di nascondere o di appoggiare terroristi, o di non dissociarsi da essi, creando un cortocircuito che regala altri adepti e simpatizzanti all’Isis. Il Califfo, intanto, se la ride.