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 2015  novembre 25 Mercoledì calendario

Marina Berlusconi fa quasi tenerezza

La diaspora di autori in fuga dalla fusione rizzol-mondadoriana si profila notevole anche in termini di fatturato. Eppure (parole di Eco, capo dei fuggiaschi, riportate da Francesco Merlo) “Marina Berlusconi non capisce”. Fa quasi tenerezza, la manager volitiva capitombolata in mezzo ai libri per diritto di famiglia e adesso alle prese con una materia – la libertà della cultura, ovvero la sua irrequietezza – che deve suonarle estranea come il sanscrito. Si capisce, gli scrittori sono belle fighe, capricciose e suscettibili. Non bastano, a rabbonirli, le rose in camerino, come quelle che il papà di Marina, secondo l’uso amabile dei cumenda milanesi, faceva trovare alle starlette da concupire. Ci sono scrittori più malleabili – direbbe Cetto Laqualunque: più sdraiabili – delle starlette; ma ce ne sono di molto coriacei, perché il loro core-business, le parole, sono una merce delicatissima, che li legittima a esserne gelosi. Anche per Marina Berlusconi, in quanto primo editore d’Italia, le parole dovrebbero essere il core-business. Ma gliene sfuggono, probabilmente, la complicata genesi, la fragilità, la deperibilità, così ben rappresentate dai loro produttori. Uno non può fare tutto, come si crede – sbagliando – nell’evo dei manager. Commerciare telenovelas e poi cultura non è la stessa cosa. Si consoli Marina pensando che il suo autorevole papà, parecchi anni fa, chiese stizzito «ma chi è questo Tabucchi?», che non gli aveva manifestato la dovuta simpatia. Gli risposero che Tabucchi era uno scrittore della sua casa editrice, primo in classifica da un paio di mesi. Già allora si doveva capire che i libri, per i Berlusconi, non sono pane quotidiano.