Corriere della Sera, 25 novembre 2015
Putin ha già mosso le sue navi
Vladimir Putin proprio non se l’aspettava, anche perché era dal 1950 che si era riusciti a evitare scontri diretti tra Mosca e un Paese aderente alla Nato. E poi nelle ultime settimane i Sukhoi con la stella rossa avevano più volte volato vicino al confine con la Turchia, lo avevano sfiorato, probabilmente l’avevano anche superato una volta, come ha sostenuto Ankara.
Così la reazione alla notizia dell’abbattimento del bombardiere è stata durissima [sul jet abbattuto leggi anche Il fatto del giorno di oggi], anche se molto composta visto che Vladimir Vladimirovich aveva come ospite a Sochi il re di Giordania. «Una pugnalata alle spalle inferta da complici dei terroristi», ha esordito. Per aggiungere immediatamente che «l’evento avrà serie conseguenze sulle relazioni tra la Russia e la Turchia».
I militari hanno subito rincarato la dose, facendo avvicinare alla costa siriana l’incrociatore Moskva con i suoi missili e affermando che d’ora in avanti «tutti i bersagli che rappresentano un pericolo potenziale saranno distrutti». Insomma un serio rischio di escalation, nonostante l’invito del segretario generale della Nato perché Russia e Turchia allentino la tensione.
Ankara aveva già abbattuto un drone senza insegne (ma quasi sicuramente russo) il 16 ottobre, dopo 13 casi di «avvicinamento pericoloso» alla frontiera e una violazione dello spazio aereo. E aveva annunciato che in caso di altri sconfinamenti avrebbe reagito con le armi. Naturalmente i militari russi giurano che il Sukhoi era sui cieli siriani.
Tutti parlano di un’unica grande coalizione contro l’Isis, come quella che nel 1945 sconfisse il nazismo. Ma in realtà i principali protagonisti della lotta al terrorismo islamico hanno interessi assai diversi. La Russia, per il momento, è in sintonia solamente con l’Iran, come si è visto anche durante il viaggio di Putin a Teheran di lunedì. Mosca mette gli aerei, il regime siriano, l’Iran e gli hezbollah guidati da Teheran schierano gli uomini sul terreno, quegli uomini che nessun altro Paese oggi vuole rischiare. Questa coalizione lotta contro l’Isis ma soprattutto combatte per il regime di Damasco (domani potrà anche essere trovato un nuovo dirigente al posto di Assad), per continuare a mantenere il controllo sulla Siria. O almeno su quella parte di Siria dove il Cremlino ha la sua base aerea e quella navale.
Gli occidentali appoggiano i curdi e i gruppi che lottano contro Assad dall’inizio della guerra civile. La Turchia fa un gioco tutto suo che prevede, tra l’altro, di mantenere il controllo della frontiera attraverso la quale far passare o non far passare uomini e mezzi a piacimento.
Europa e Nato sanno benissimo quale sia il progetto russo ma, per ora, lo devono accettare mentre tentano di convincere Putin a colpire di più l’Isis e di meno gli altri.
Così, anche se si afferma che i tracciati radar e i satelliti confermano lo sconfinamento, lo scontro Turchia-Russia viene trattato come un semplice incidente che non coinvolge la Nato. Ogni altra ipotesi sarebbe troppo pericolosa.