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 2015  novembre 22 Domenica calendario

Elogio del walking football, il calcio camminato

Francesco Guccini scrisse “Libera nos Domine” nel 1978. Proviamo a rileggere qualche verso della canzone: “Da tutti gli imbecilli d’ogni razza e colore / dai sacri sanfedisti e da quel loro odore / dai pazzi giacobini e dal loro bruciore / da visionari e martiri dell’odio e del terrore / (…) da crociati e crociate d’ogni sacra scrittura / da fedeli invasati d’ogni tipo e natura / libera nos Domine”. Grazie ai lettori triestini U. e R. per avermela ricordata. Ha 37 anni e poteva essere scritta ieri. Ieri, su Repubblica, un’intervista a Juliette Greco, che lunedì aveva cantato a Berlino. «Avevo addosso una stanchezza disperata. Ma cantare è la mia vita, bisogna vivere. Non ho cambiato la scaletta delle canzoni, lunedì sera. Ho continuato a parlare delle cose più belle del mondo: l’amore, la libertà, la follia della giovinezza attraverso le parole di Brassens, Ferré, Brel, Gainsbourg, Prévert, Vian e Queneau». Forse la risposta all’Isis è che ognuno continui a fare il suo, i cantanti a cantare, i fornai a fare il pane, i venditori di fiori a vendere fiori, i calciatori a calciare. Ma non è così facile. Ieri a Bruxelles chiusi la metropolitana, i grandi magazzini, i cinema, le sale da concerto. Rinviata la partita tra Lokeren e Anderlecht, in programma ieri sera, dopo l’annullamento, martedì, di Belgio- Spagna. Rinviate tutte le partite di calcio dalla Terza divisione in giù, ma è probabile che il provvedimento oggi venga esteso anche alle gare di A e B. Tante, troppe volte ci è capitato di dire che nulla sarà più come prima. Prima, un mese fa tanto per dire, i clienti di un lussuoso albergo di Anversa non avrebbero chiamato la polizia scambiando Nainggolan per un terrorista.
Terroristi no, barbari sì quei genitori che hanno spedito altri due genitori all’ospedale di Borgomanero. Si giocava la finale della Junior Cup per bambini nati nel 2005. Un derby tra i pulcini di Juventus e Torino. Già prima dell’inizio un padre juventino aveva cominciato a inveire contro un ragazzino, per il colore della sua pelle e perché, per la statura, sembrava più che decenne. La partita finisce con la vittoria del Torino ma tra il bar e il parcheggio R.C. e sua moglie, cubana, sono aggrediti dal padre juventino e presi a calci e pugni anche quando sono a terra. Risultato: lei con il collare ortopedico, lui con un occhio nero e il naso rotto. E una denuncia presentata alla Procura di Novara. Commento di R.C., quello col naso rotto: «Le botte passano ma la tristezza resta. Negra di merda torna a casa tua a mia moglie l’ha urlato anche una nonna. Bisognerebbe isolare queste persone, lasciare che i bambini giochino a calcio in santa pace». In santa pace suona un po’ strano. Isolare le persone è possibile, volendo: un bel daspo e tanti saluti. Ma non è solo quello il punto. Come crescerà, credendo in quali valori, con quali buoni esempi in casa il pulcino figlio del rompinaso? Non mi pare un buon esempio nemmeno quello dei dirigenti (2) del basket di Sassari: licenziato Sacchetti (8) che aveva portato lo scudetto sull’isola. Tra conoscenza e riconoscenza c’è più d’una sillaba. E le usanze del basket sono quasi calcistiche.
Ma il calcio è bello, così bello che potrei tornare a giocarlo. Su Sportweek di ieri si parla del walking football. Ne avevo già sentito parlare da amici dell’Uisp, che lo sta sperimentando con successo in due città, Bologna e Aosta, e sta pensando a un progetto su scala nazionale. Il wf, lo chiamerò così per brevità, vieta la corsa. Il passo accelerato è tollerato, la corsa no: l’arbitro fischia punizione contro. Si gioca 6 contro 6, portiere incluso, su campi da calcetto, due tempi di 15 o 20 minuti ciascuno. L’hanno ideato gli inglesi nel 2011, ora ci sono circa 400 squadre e tornei ufficiali, per consentire di giocare a calcio a chi, per motivi di salute o d’età, ne era escluso. Per Peter Reddy, università di Birmingham, il wf può essere efficace in casi di lieve o moderata ipertensione e produce notevoli miglioramenti nell’ossidazione dei grassi e nella potenza aerobica.
Vietato correre. Il vero slow foot. Che pacchia. Ho ripensato alla mia ultima partita per così dire ufficiale. Un quadrangolare in Franciacorta, primi anni ‘90, nella squadra dei critici enogastronomici. Le altre: ristoratori (spesso giocavano i figli diciottenni), industriali (con Boninsegna), politici (con Rivera). A Boninsegna e Rivera era proibito tirare in porta, ma ne dribblavano tre o quattro e toccavano indietro per un gol a porta vuota. Noi (Veronelli, Raspelli, un Vizzari un po’ rotondetto, io) eravamo una squadra di peso, soprattutto nel senso che immaginate. E non giovanissima. Le perdemmo tutte. Pioveva molto, non come ieri a Bologna ma abbastanza. In un’entrata alla palla o piede Veronelli ci rimise tibia e perone nello scontro in scivolata con un ristoratore di Sirmione. Durante la magnata conclusiva, unica nota lieta della giornata, ecco Rivera: «Col destro non sei male, il guaio è che non corri». Sai che novità. Ma wf mi offre un’altra opportunità. Sogno una telecronaca di Caressa che a un certo punto s’accorge di non tenere il ritmo e si mette a piangere.