Avvenire, 24 novembre 2015
“Quer pasticciaccio brutto” di Gadda spiegato punto per punto
Carlo Emilio Gadda è uno degli autori italiani più significativi e originali del Novecento, ma non c’è dubbio che sia anche uno dei più difficili e complessi. Ciò vale anche e soprattutto per il suo capolavoro, il romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, pubblicato prima a puntate sulla rivista “Letteratura” nel 1946 e poi in volume nel 1957. La trama, come è noto, muove dall’assassinio di una signora della Roma bene, Liliana Balducci, per concentrarsi sulle indagini messe in atto dal commissario Ingravallo al fine di risolvere questo giallo e un altro parallelo, inerente a un furto di gioielli subito da una nobildonna veneziana nello stesso palazzo pochi giorni prima dell’omicidio. La vicenda si svolge nel 1927, in piena epoca fascista, della quale l’autore offre una caratterizzazione polemica e a tratti grottesca, non lontana da quella proposta nel pamphlet Eros e Pria- po.
La complessità dell’opera è legata alla scrittura fortemente stratificata, alla pluralità di rimandi letterari e culturali, alla tecnica del pastiche che mescola nella stessa pagina, e spesso addirittura nella stessa frase, diversi linguaggi e livelli stilistici (letterario, tecnico, formale, colloquiale, dialettale ecc.). Si tratta dunque di un testo assai arduo da commentare. Per questo va salutata con interesse – e, possiamo dire, con ammirazione – la pubblicazione del ponderoso e puntuale commento realizzato da Maria Antonietta Terzoli per Carocci Editore: Commento a Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda (due tomi per complessive 1.184 pagine, euro 120,00).
La studiosa, italianista all’Università di Basilea, è partita dalla consapevolezza del particolare modus scribendi di Gadda, per come egli stesso lo ha sintetizzato in un intervento del 1949, nel quale, parlando della figura dell’artista, scriveva: «I confini di quest’essere non sembrano linearsi del tutto in persona, contenersi nella persona fisica di lui. Sembrano invece dilatarsi, a raccogliere o a contrastare le voci di molti altri, desumersi da una più lata provincia, smarrirsi infine a più remoto orizzonte. Ingannevole presunzione il credere, o lo sperare, d’esser soli al lavoro». Compito dell’interprete sarà perciò quello di scandagliare il testo nelle sue più recondite profondità, alla ricerca di queste molteplici voci i cui lacerti sono stati abilmente intarsiati tra loro dalla mano del narratore. Il commento tenta quindi, come si esprime Maria Antonietta Terzoli, «di ripercorrere a ritroso il percorso che dalla tradizione letteraria, figurativa, critica e scientifica, ha portato alla genesi del Pasticciaccio, sottoponendo ogni minima porzione testuale a un’analisi sia puntuale sia sistematica per tentare di accedere al laboratorio più segreto dello scrittore».
L’obiettivo appare pienamente conseguito in questo commento davvero monumenta-le, condotto con un’attenzione e un’acribia esegetica difficilmente riscontrabili in altri studi su autori contemporanei. Ma Gadda è ormai un classico, al pari di Dante, Petrarca, Leopardi o Manzoni, e pertanto meritava certamente una simile cura, per mettere in atto la quale serviva tuttavia un ampio ventaglio di competenze. Perché i rimandi che la studiosa evidenzia nelle sue note abbracciano davvero tutti i campi dello scibile. Gadda era ingegnere di formazione, e la preparazione tecnico-scientifica non manca di trapelare dalla sua opera. Poi c’è la letteratura, tanta letteratura: l’Eneide, la Divina Commedia e i Promessi sposi sono i testi più presenti anche a livello strutturale, ma più in generale c’è tutta la grande tradizione italiana ed europea, classica, medievale e moderna, c’è molta filosofia, e, ancora, tantissima storia dell’arte, altro ambito di cui il Gran Lombardo era un raffinato conoscitore.
Esce un ponderoso commento di Maria Antonietta Terzoli al romanzo del grande autore italiano divenuto ormai un classico, al pari di Dante, Petrarca, Leopardi o Manzoni