il Fatto Quotidiano, 24 novembre 2015
Francesca Chaouqui ottenne una consulenza per la serie tv di Sorrentino The Young Pope
«Indossalo così». Fosse stato per lei, l’avremmo vista dare indicazioni sugli abiti talari a un finto Papa. Francesca Immacolata Chaouqui e Jude Law. Un gran momento e una delle scene tagliate di The Young Pope di Paolo Sorrentino. Il fotogramma perduto è un contratto di consulenza editoriale. Lo firmano quest’anno, in pieno inverno, Wildside, produttrice delle 8 puntate per la tv firmate dal premio Oscar e Francesca Chaouqui da San Sosti, Cosenza, dove la madonna del pettoruto ha un proprio santuario, i corvi volano alti sul Parco Nazionale del Pollino e le pietre sono meno preziose delle pubbliche relazioni all’ombra di San Pietro.
L’ex membro della commissione di studio e indirizzo sull’organizzazione delle strutture economico-amministrative del Vaticano ha la benedizione di Bergoglio e i contatti giusti per il ruolo. Lei si attiva. Si rende disponibile. Firma un accordo. «Assistenza nell’individuazione delle locations più adatte per le riprese della serie», «consulenza su particolari temi religiosi», «assistenza nell’organizzazione delle riprese». L’impegno è gravoso:«Prima delle riprese il produttore le invierà il piano di lavorazione affinché l’impegno professionale da lei assunto in relazione alla serie sia prevalente su qualsiasi altro» e la collaborazione a un certo punto, a metà giugno, a distanza siderale da processi grotteschi, caos, anatemi e fughe di notizie, si interrompe con una lettera di risoluzione consensuale tra le parti.
Chaoqui, arrestata, liberata e ora imputata in Vaticano con un orizzonte di 8 anni di reclusione e Wildside si liberano reciprocamente mesi prima che lo scandalo occupi le prime pagine. Lei firma «senza avere nulla a pretendere» e perde quasi trentamila euro. Una goccia nel mare di una produzione ricca e transnazionale. Il contratto viene annullato in pace e l’impeto bellicista del Sorrentino letterario di Hanno tutti ragione: «La rissa è bella. La rissa è stupefacente. La rissa è la rissa» si dirige altrove. A duellare, ai margini di questa storia, mentre le navate sanno improvvisamente di lite condominiale, si ritrovano infatti Chaouqui e chi le cura l’immagine.
Elena Metti, ex compagna di Giorgio Panariello rimasta in ottimi rapporti con l’attore, tanto da dividere con lui genesi e ideazione della Bagnomaria srl. Un’agenzia che segue Chaouqui dal tramonto del 2004 e che si ritrova querelata per diffamazione e truffa con tanto di richiesta per «danni professionali» quantificabili in due milioni di euro dalla propria assistita. Cosa avrebbe fatto Elena Metti per dover concedere una cifra simile nella visione di Chaoqui? Concessioni verbali e rassicurazioni sulle sue capacità di appianare i problemi burocratici in Vaticano che sarebbero esulati dalle sue competenze e ne avrebbero leso l’immagine. Oltre i gravosi cerimoniali, dietro la colonna, c’è la commedia all’italiana. Esempi.
È in programma una visita alla Cappella Sistina. I delegati di produzione saranno accompagnati da Monsignor Vallejo. L’escursione è utile a ricostruire a Cinecittà le corrette prospettive scenografiche e a restituire verosimiglianza alla finzione. È espressamente previsto di non effettuare misurazioni. Ma spunta un metro. Gli sguardi si fanno severi. Il metro viene rapidamente rinserrato, ma Chaouqui è richiamata dalla direzione dei musei e a sua volta si lamenta. Wildside è men che scontenta.
Non ottiene nulla che non potrebbe ottenere guardando un documentario. C’è un costo inutile. Un reciproco allontanarsi. Un’insoddisfazione circolare. Chiudere è l’unica opzione percorribile. Una civile telefonata tra le parti, una firma, nessuna scenata e anche nessuna scena a dire il vero perché la vita da cinema di Francesca Chaouqui, la parabola di una vicenda in bilico tra la cupezza dell’ascesa e la farsa della caduta, tra le regole di ieri e il mondo di oggi, tra le cose che non si possono dire e quelle che tutti sanno da sempre, il cinema vero non l’ha più incontrato. Nessuna consulenza per il giovane Papa di Sorrentino e un fugace, casuale incontro con il regista negli uffici della produzione: «Volevo conoscerla, buongiorno» dice lei. «Buongiorno» risponde lui che della consulenza sa meno di niente. Muore tutto lì. Niente di più e molto probabilmente niente di meno. Qualcuno, forse un americano, domani farà un film su questa storia. Una serie. Una saga. Molti titoli. Vatileaks uno, due e tre. Del resto, sempre a puntate, si occuperanno i tribunali.
Chi ha danneggiato chi? Chi ha peccato? Chi ha millantato? Chi ha fallito? Chi ha promesso? La Bagnomaria, nel desolante uso dell’italiano che accomuna agenti e uffici legali di tutte le risme avrebbe dovuto rappresentare Chaouqui in “progetti e contratti finalizzati a prestazioni professionali riguardanti ideazione, plot per programmi televisivi, ospitate tv al fine della promozione di progetti ideati e creati dalla dottoressa stessa”. E ancora, in un crescendo: «creatività e scrittura spot pubblicitari, testi e scrittura riguardanti cinema, fiction, proposte editoriali e quanto altro attinente alla professione in genere della dottoressa Francesca Immacolata Chaouqui». L’ambizione è momentaneamente accantonata, ma solo i poveri di spirito e di fantasia, potrebbero giurare sulla sua cancellazione.