Il Messaggero, 24 novembre 2015
Cinquecento anni fa moriva Aldo Manuzio, primo editore della storia. A lui si devono il frontespizio, il corsivo, le pagine numerate. Insomma, il libro così com’è
Oltre trentacinque milioni di copie, questo il bilancio nel solo XVI secolo della “novità” per eccellenza, il libro a stampa. E in quegli anni la “smania di comporre e imprimere, assemblare e legare”, ha il suo primato a Venezia dove si pubblicano i tre quarti delle edizioni italiane e la metà delle europee. Crocevia commerciale, con un’elevata presenza di capitali, sulla laguna ci sono maggiori chances rispetto a ogni altra città. Venezia impone al mondo il business libraio, sulla scena ecco una nuova figura, lo stampatore-editore che investe nella produzione delle opere al torchio. L’umanista Aldo Manuzio (1449-1515) è il “dominus che ha dato il tono all’editoria”, dal suo tempo fino a oggi. Viene considerato come il maggiore del secolo: a distanza di oltre cinquecento anni, appare come il primo grande precursore degli editori moderni. La vita di Manuzio è un vero romanzo, pieno di grandi sogni e di opere meravigliose, invenzioni e sorprese. Al termine dell’anno centenario della morte, dopo altre mostre e convegni disseminati in più parti, arriva l’iniziativa della Biblioteca Trivulziana di Milano. Una grande mostra virtuale permette di seguire l’avventura umana e professionale di questo magistrale innovatore dell’arte della tipografia dalla cui bottega, grazie a lui e ai figli, tra il 1497 e il 1597, escono alcuni dei libri più belli mai stampati per cura e preziosità tipografica.
L’ITALICCome ha scritto Cesare Segre, Manuzio fa dell’invenzione tecnologica di Gutenberg, un oggetto bello e semplice. Perfeziona l’idea del frontespizio, un’illuminazione che dura fino a noi. Nel 1501 inventa il carattere corsivo, noto ovunque ancora oggi con il nome d’italic. È il primo a inserire nel libro il numero delle pagine, e anche il primo a pubblicare il catalogo delle proprie edizioni che arriva a oltre centro trenta titoli. Impiega da innovatore la punteggiatura, il punto, la virgola, il punto e virgola, l’accento e l’apostrofo vengono usati, per la prima volta. Sceglie personalmente lo “scartafaccio manoscritto” da trasformare in libro. Può essere un “ravatto” o un testo eccezionale che, diffuso, trasforma la maniera di intendere la vita, il mondo, l’universo. Lui guarda con un occhio (sapiente) alla qualità, con l’altro (scaltro) alla bottega, sa coniugare la bellezza con il mercato. Inventa un logo per i libri usciti dalla tipografia di famiglia. È ripreso da un’immagine incisa su di un’antica moneta romana, con un’ancora e un delfino. L’ancora è la solidità, il delfino la rapidità e la velocità. Insieme i due simboli portano al suo motto: “festina lente”, ovvero “affrettati con calma”, cioè “pensa bene, ma poi agisci”. Manuzio è il caso unico di un editore che espone nei suoi libri, o lascia intravedere, le proprie idee. Che comprendono (ha scritto Carlo Dionisotti) il rinnovamento dell’intera enciclopedia In base all’approfondimento delle conoscenze di greco e latino. La stretta fedeltà alla dottrina cristiana, messa sotto pressione dai dubbi e dalle sottigliezze degli scolastici. E l’apertura europea, sottolineata, sul piano culturale, soprattutto dall’amicizia con Erasmo da Rotterdam. Il quale è convinto che la pubblicazione di un proprio lavoro presso l’officina di Aldus gli può rendere fama immortale, a maggior ragione se stampata negli elegantissimi caratteri corsivi dell’editore sodale.
Manuzio è anche il primo a pubblicare qualcosa che somiglia ai pocket book. È il volume “in ottavo”, molto più ridotto rispetto a quello “in folio”, ingombrante e poco pratico da sfogliare. Libri fino a quel momento oggetto da biblioteca, studio o preghiera, si trasformano in oggetti più piccoli e “dominabili”. Da portare con sé, grazie al nuovo formato che favorisce la lettura diretta dei classici. Il maggior frutto di questa scelta è la pubblicazione, tra 1501 e 1502, all’interno della serie aldina dei libelli portatiles, delle opere volgari di Dante e Petrarca e di quest’ultimo Aldus vende centomila copie.
L’IMPEGNOOrmai ultrasessantenne, Manuzio sembra avvertire le fatiche del quotidiano impegno in stamperia, il disagio per un lavoro che lo costringe a rispondere a lettere provenienti da tutto il mondo, ricevere visitatori curiosi di sapere cosa sia in procinto di pubblicare, ascoltare importuni desiderosi di pubblicare con i suoi torchi. “Da quando ho intrapreso l’ estenuante mestiere dello stampatore, posso giurarvi che non ho avuto un’ora di ininterrotto riposo” aveva scritto pochi anni prima. Nel gennaio 1515, fa stampare la sua ultima edizione, il “De rerum natura” di Lucrezio. Con il suo carattere fermo e aperto, e forte della sua fede, Manuzio può far circolare un poema epicureo e materialista in polemica con la “bestiale intolleranza degli inquisitori e degli aguzzini d’ ogni chiesa”, e la “fatua tolleranza dei libertini senza arte né parte”. Il suo umanesimo cristiano è una cultura libera e aperta in maniera intelligente, talmente salda e solida nei suoi principi da potersi permettere il desiderio di conoscere posizioni culturali differenti anche apertamente avverse alla propria. Un magistrale esempio di tolleranza culturale.