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 2015  novembre 24 Martedì calendario

Bassolino inizia la sua campagna elettorale, il Pd sceglie di non parlare di primarie almeno fino a gennaio

Dopo il caso De Luca, scoppia un’altra grana di prima grandezza a Napoli, dove l’auto candidatura di Antonio Bassolino manda in tilt le fila del Pd locale e nazionale: lo stop di Renzi, per bocca dei due vicesegretari, scatena il fuoco alle polveri: la motivazione che un sindaco con due mandati alle spalle, anche se lontani nel tempo, non deve più ripresentarsi, con la minaccia della Serracchiani di una norma ad hoc nelle nuove regole per le primarie, scatena un fuoco di reazioni. «Non si può cercare la soluzione con un raggiro burocratico», attacca il bersaniano Stumpo, seguito a ruota dalla minoranza anti-renziana di Cuperlo e Speranza. «Trasformare Bassolino in un martire civico di vecchi e nuovi apparati agevolerebbe la nascita di una sua lista civica, che condannerebbe il partito a una sconfitta», chiosa Gotor. Non solo: anche la proposta lanciata ieri da Renzi di primarie il 20 marzo in tutte le città scatena i malumori locali, dopo che a Milano e Napoli i tavoli di coalizione aveva già deciso di tenerle il 7 febbraio. Il premier in Direzione chiede «una moratoria al dibattito sulle primarie fino a gennaio»; e più tardi con i suoi commenta caustico le reazioni della minoranza che si sta schiacciando su Bassolino. Una candidatura che il Pd valuta negativamente e non accetta. Ma liberarsene non sarà cosa facile.
Don Antonio tira dritto
Tanto per cominciare il diretto interessato tira dritto, convinto che questa norma «non ci sarà» e cita i casi analoghi, «Bianco sta lì, Orlando sta lì. Si è detto gli ex sindaci, ma quali?». Comincia la sua campagna elettorale con una visita significativa ad una onlus per famiglie disagiate in un quartiere problematico, San Giovanni a Teduccio, della periferia. Cita Troisi con un «ricomincio da tre». E rinfaccia a Renzi una dichiarazione in cui il premier sosteneva che non si cambiano le regole delle primarie. «Sono d’accordo con lui», lo provoca. Usando argomenti tipicamente renziani, perché «sono giuste le regole che tengono a includere e ad aumentare la partecipazione, non ad escludere». E perché «Renzi stesso è figlio delle primarie». Con l’ultimo colpo che taglia ogni dubbio che si faccia da parte: «Se le primarie le vince un altro, chiunque sia, avrà il mio sostegno. Se dovessi vincere, vorrei lo stesso trattamento». Dunque, sfida lanciata e scontro aperto col premier.
La ricerca del nome
Lo stato maggiore del Pd dunque cerca un candidato, si parla di una personalità della cultura napoletana, mentre sfumano i nomi finora circolati, come Ranieri, Migliore o Cozzolino. «Matteo vorrebbe evitare che tutta la campagna elettorale sia oscurata dal binomio De Luca-Bassolino come esempi dell’incapacità del Pd di rinnovare la sua classe dirigente», racconta uno degli uomini del premier per spiegare la genesi dello stop ad un’altra candidatura ingombrante di colui che ai tempi d’oro veniva chiamato “O Vicerè”. Ma che questo stop si traduca poi in una norma ad hoc per impedirgli di correre alle primarie è da vedere, perfino i renziani sono consapevoli che potrebbe trasformarsi in boomerang. Sarebbe un problema fare una norma stringente, ad personam, andrebbe inserita nello statuto con un voto dell’assemblea nazionale a gennaio, mentre altra cosa sarebbe una mozione di indirizzo, qualcosa di più di un auspicio e di meno di una norma statutaria. Alla Direzione sulle amministrative, in gennaio, prima dell’assemblea per votare le nuove regole delle primarie, verrà affrontato il problema. In quella sede, la segreteria potrebbe proporre una norma di indirizzo più che un divieto che tra l’altro andrebbe oltre il dettato della legge che non vieta un terzo mandato quando è trascorsa nel frattempo almeno un’altra legislatura.