Corriere della Sera, 24 novembre 2015
S’è rivisto Marino, in un circolo di San Basilio. Ha detto che vuole «salvare il Pd dal suicidio»
Per il «professor» Marino, non più sindaco di Roma da ormai tre settimane, c’è sempre un paziente da guarire: prima era la città, adesso è addirittura il Pd. Perché il partito romano «va verso il suicidio». E lui, naturalmente, lo «salverà». Questa, al momento, sembra l’occasione che ha Ignazio per non sparire nel dimenticatoio. Un militante gli dice: «Non mollare». E lui: «Non mollo». Per fare cosa? Marino parla di «un progetto che vuole portare avanti nel Pd», si definisce un «nativo» del partito. Si candiderà alle primarie da sindaco? Concorrerà per la segreteria? Farà l’anti-Renzi? Chissà. Marino, nel suo lungo intervento, mischia fatti reali, propaganda, omissioni. Parla di chi «elude sistematicamente la Tari», senza dire che in quell’elenco c’era anche la sua Onlus Imagine.
In altri passaggi blandisce la parte della platea fatta dalla sua claque, venuta da fuori quartiere (il segretario locale, Matteo Sculco, più volte si sgola a ripetere che questo «è un attivo del circolo San Basilio»), che lo vede come un cavaliere senza macchia e senza paura. Quando si parla dei disservizi di Atac, uno dice: «Ma i vertici non li ha scelti Ignazio!». Un altro glielo chiede sottovoce: «Non li hai nominati tu, vero?». Marino scuote la testa: «No, no». Peccato che quel management di cui si parla lo ha voluto proprio l’ex sindaco. Ma il «comandante Ignazio» ormai è nella parte: «Il Pd romano sta andando verso il suicidio, io voglio salvarlo. Qui c’è un a sospensione di democrazia». Il circolo sembra una curva: chi lo inneggia, chi lo critica. Qualcuno litiga: «Stalinista, coglione, imbecille». Altri se la prendono coi giornalisti: «C’è stato un accanimento incredibile, dove erano con Alemanno?». Non sapendo delle decine di querele prese dai cronisti in quegli anni, che lo scandalo Parentopoli nasce da un’inchiesta giornalistica, che il ruolo di Massimo Carminati, prima della magistratura, l’ha raccontato la stampa.
Marino, impassibile, assiste. Sciorina le cose che ha fatto, i soldi invocati per il Giubileo («900 milioni, anche con una tassa sui turisti»), rivendica opere non avviate da lui come la metro C e il prolungamento della B (mai fatto), si rivolge spesso al segretario: «Il Comune finirà di pagare i debiti nel 2040. Quanti anni avrai Matteo?». E ancora: «Matteo, eravamo nella situazione ideale per governare». Ma il Matteo a cui si rivolge sembra un altro. O altri due.