la Repubblica, 24 novembre 2015
«Non è tempo di Maradona, ci vuole Sarri. Eccomi, io sono Sarri». Bassolino conferma la sua candidatura alle primarie per Napoli e non ce l’ha con Renzi
«Mi chiede se penso a una lista civica? E perché? Io sono candidato alle primarie del centrosinistra. Io non mi faccio fuorviare. Io resto calmo. Anche perché non credo che ci sia un politico bravo come Renzi dietro questa idea, singolare, di cambiare le regole del gioco quando il treno è già partito. Le frasi della Serracchiani sono sbagliate, infatti. Penso davvero che la saggezza del segretario nazionale, che è un figlio delle primarie, alla fine imprima una correzione».
Le 17, buio, pioggia, periferia orientale di Napoli. Ma nella ex fabbrica, oggi centro sociale invaso da ragazzini e volontari, dal quale Antonio Bassolino sceglie di far partire la sua terza campagna da candidato sindaco, arde fuoco vivo. Fiamme alte nel bel camino della onlus “Figli in famiglia”. E nello scontro diretto con i vertici Pd.
Bassolino, i vicesegretari nazionali le mandano a dire che non c’è posto per lei.
«Io penso che certe cose facciano un grave danno al Pd, non a me. Tanti incoraggiamenti: “sono autogol, ti rafforzano”. Invece io non gioisco di eventuali autogol. Perché io ho a cuore questa creatura che è il Pd,e che ho contribuito a fondare. Io non ci sono arrivato pochi mesi fa, nel partito. E perché il Pd a Napoli sta già messo davvero molto male, io mi augurerei che non aggiungessimo altro male. Inoltre, bisogna avere rispetto per questa città».
Andiamo al cuore del problema. La Serracchiani dice: la regola di non candidare ex sindaci varrebbe per tutti, anche per Renzi. Sarebbe un metodo per rinnovare.
«Francamente, leggevo il giornale e stentavo a credere che certe cose fossero state dette sul serio. Innanzitutto: se si volevano regole diverse, si aveva il dovere di discuterne e di deciderlo mesi fa. Prima che il treno si fosse messo in cammino. Poi: di cosa parliamo davvero? Il sindaco Bianco sta lì (a Catania). Il sindaco Orlando sta lì (a Palermo). Dice che varrebbe per gli ex sindaci, ma quali, quelli di ieri o di oggi? E che “anche Renzi non potrebbe candidarsi a Firenze”». Ride. «E meno male: sta a Palazzo Chigi». Poi tira fuori un foglietto. «Renzi, era solo qualche mese fa, ha detto: non cambieremo le regole delle primarie. Ecco la dichiarazione».
Però è stato subito chiaro che non fosse gradita la sua candidatura...
«Ma in quali termini? Facciamo chiarezza. Io attendo per mesi, rispettosamente, che la direzione provinciale maturi le sue decisioni, aspetto che vengano decise le primarie e fissate per il 7 febbraio. Questo accade venerdì scorso. Bene, il sabato mattina, io faccio una cosa che più renziana-bassoliniana non si potrebbe: cioè scrivo sui social “mi candido”. Gioco aperto, leale. Si facciano avanti gli altri. E a sera cosa succede? Che delle “fonti anonime” fanno sapere che io non sarei il candidato di Renzi? Ma le fonti anonime non sono roba di un grande partito. Se tu non condividi una proposta chiami un’agenzia, ti qualifichi: sono Gennaro Esposito e non sono d’accordo. E io dico: bravo. Ma le fonti anonime no. Avevamo i calzoni corti quando combattevamo contro le fonti anonime. Poi passa un altro giorno ed ecco l’idea di cambiare le regole».
Il tema classe dirigente e rinnovamento resta. Il renziano Gennaro Migliore dice a Repubblica: «Non è tempo di Maradona, ci vuole un Sarri».
«Eccomi, sono io Sarri. Migliore diceva anche che io facevo “tattica”, nei mesi scorsi. Invece io aspettavo. Ma io sono Sarri. Come centravanti di sfondamento ho già dato. Io voglio fare solo un mandato, se ci riesco. E poi largo ai ragazzi, ai giovani, alle forze nuove».
Possibile che non ci sia stato nessun contatto e confronto con Roma, in questi mesi in cui appariva evidente il suo ritorno in campo?
«Assolutamente no. E quando questa estate si parlava di nomi di candidati contattati dal partito, io mi chiedevo ma coloro che li contattano a nome di chi parlano? Di quale decisione unitaria del Pd? Intanto, qualcuno si domandava perché non chiamassero anche me. Se da Roma mi avessero chiesto una mano a cercare, io avrei detto: volentieri. Ma nessuno l’ha fatto. E mentre loro chiamavano altri, la città ha chiamato me. Tanti sostenitori, anche di Renzi, come lo sono io d’altro canto, mi chiamavano per dirmi di non perdere tempo e buttati».
Lei avrà contro parte del Pd, come l’area del governatore De Luca. Saranno ancora primarie al veleno?
«Io chiedo e sto lavorando perché siano un gioco aperto, limpido, di vittoria democratica. E poi a me piace vincere. Mi dispiace per chi vuole perdere».
La sua candidatura imbarazza o fa paura?
«Nessuna delle due. Ma strano stia succedendo tutto questo: io non ero così inviso, a Napoli?»