Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  novembre 24 Martedì calendario

Il 40% delle Ferrovie dello Stato sarà messo in vendita, ma la rete dei binari resterà pubblica

Dopo Poste italiane è la volta di Ferrovie dello Stato. Prosegue la stagione di privatizzazione degli ultimi capisaldi delle grandi partecipate pubbliche. Il consiglio dei ministri ieri ha approvato, in via preliminare, il decreto per la cessione di una quota(non oltre il 40%) del gruppo guidato, finora, da Michele Elia. I dettagli della privatizzazione di Ferrovie restano da definire, ma il decreto traccia un solco fissando già alcuni criteri. La cessione, per esempio, avverrà attraverso un’offerta pubblica di vendita. Una quotazione in borsa, insomma, sulla falsa riga di quanto fatto recentemente per Fincantieri e Poste. Per i dipendenti di Ferrovie saranno predisposte forme di incentivazione a sottoscrivere azioni. Stabilito, inoltre, il termine orientativo del collocamento in borsa entro il primo semestre dell’anno prossimo.
Nel comunicato di Palazzo Chigi è contenuta un’ulteriore indicazione: «nell’ambito del processo che porterà all’ingresso dei privati è previsto che la proprietà della infrastruttura ferroviaria rimanga in mano pubblica». Un principio che il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, rivendica da tempo. Tanto da intervenire ieri con un paio di concetti chiave. Il primo è che la privatizzazione riguarderà principalmente «i servizi a mercato», l’altro è la sottolineatura di «un percorso con alcuni paletti, come la proprietà della rete che resterà pubblica». Il tema da definire politicamente nelle prossime settimane è, dunque, se il patrimonio di Rfi, cioè la rete rotabile e i suoi binari (il valore di libro è 35 miliardi di euro) verranno sfilati da Ferrovie prima della vendita. L’indicazione esplicitata ieri da Delrio diverge da quella del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, più orientato a una quotazione tout court dell’intero gruppo (8,4 miliardi fatturato e un ebitda di 2,1 miliardi nel 2014). Una visione, quest’ultima, più aderente all’esigenza di predisporre rapidamente un’operazione che servirà a ridurre il debito pubblico. Lo stesso Delrio ha ammesso: «Se si quoterà solo Trenitalia o Trenitalia più una quota di Rete Ferroviaria Italiana scorporata, tutto questo verrà fatto nelle prossime settimane». Il titolare dei Trasporti ha invece liquidato la questione della sostituzione dell’amministratore delegato Elia e del presidente, Marcello Messori, data per imminente. «I vertici delle Ferrovie? Bene, grazie», ha detto. Resta che le dimissioni di Messori ed Elia potrebbero coincidere con il prossimo consiglio di amministrazione convocato per il 26 novembre.
Sul tema privatizzazione gli attuali vertici si sono dimostrati poco coesi, al punto di pregiudicare agli occhi di Palazzo Chigi l’intera operazione. Tanto da essere convocati nei giorni scorsi per un incontro con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il decreto di ieri pare perciò strettamente correlato al confronto tra il premier e i due manager. Ieri Elia sul processo di quotazione si è limitato a dire: «la competenza delle decisioni è tutta del Ministero dell’Economia, dove dall’anno scorso è costituito un gruppo di lavoro che si occupa della privatizzazione». A seguire il dossier sono infatti Bofa Merrill Lynch e gli avvocati di Cleary Gottlieb.