Corriere della Sera, 24 novembre 2015
Il caos vincente di Roberto Mancini che mischia in continuazione uomini e moduli
Nella tavola periodica di Mancini esistono finora 22 elementi (erano 23 con Hernanes, evaporato dopo due esperimenti): mischiati 13 volte in 13 combinazioni diverse e secondo 5 moduli differenti, hanno prodotto 30 punti su 39 e una squadra capolista solitaria come non avveniva, a un terzo di campionato, dalla stagione della Tripletta. Cioè quella della migliore Inter della storia.
Ora non è il momento di avventurarsi in paragoni scivolosi, ma ciò che stanno combinando questo gruppo e il suo tecnico alchimista è degno di nota. Somiglia tutto a un esperimento continuo fondato su un principio inderogabile: i numeri che contano non sono quelli in campo (tacchi, rovesciate, orpelli vari) ma quelli dei tabellini. Questo, si sa, è ciò che alimenta molta critica anti-interista («Calcio antico rivisitato da una persona con le idee chiare, buono per l’Italia dove la vittoria è tutto», ha tuonato il solito Arrigo Sacchi), eppure sono proprio questi numeri a raccontare storie interessanti.
Una è quella della migliore difesa della serie A, fondata sulla super coppia Miranda-Murillo, e su un portiere, Handanovic, che ha sbagliato solo 18 fatali minuti con la Fiorentina. E quando devi fondare una squadra la difesa è la base: a Coverciano non trovereste nessuno capace di negarlo.
I numeri raccontano anche di una democrazia del gol: 16 sono pochi, vero, ma 10 marcatori diversi sono invece un dato significativo. Nella Roma hanno segnato in 12, ma per un totale di 29 gol; nel Napoli appena in 6, con la coppia Higuain-Insigne che, a quota 17, batte da sola tutta l’Inter. Ovviamente non c’è un meglio e un peggio, ma soltanto un diverso modo di sfruttare i mezzi a disposizione. In questo senso la sfida di lunedì al San Paolo sarà anche quella fra principi calcistici antitetici: se hai un gruppo rodato dietro Higuain viene naturale affidarti al totem; se hai Icardi in crisi e una mediana muscolare devi diversificare e dipendere dal tutto anziché dalla parte. Ecco perché i 7 famigerati 1-0 nerazzurri sono stati decisi da 6 uomini diversi: Icardi (2 volte), Jovetic, Guarin, Melo, Medel, Kondogbia. Eroi intercambiabili, redistribuzione delle responsabilità per la gloria di tutti.
Ognuno qui è indispensabile ma tutti sono sostituibili, anche Medel, l’uomo di movimento più utilizzato. Mancini non l’ha scoperto subito. Fino alla 7ª giornata aveva cambiato poco: uno, massimo 2, solo una volta 3 uomini, nel derby. Poi la svolta con la Juventus: primo 4-4-2 e 4 facce nuove. Di lì non si è più fermato: 4 cambi alla 9ª, poi due volte 6, una 5 e domenica contro il Frosinone 4. Fattori diversi, esiti simili. E mosse da ricordare come la coppia di terzini D’Ambrosio-Nagatomo con la Roma o il lancio vincente di Biabiany.
Com’è nata questa frenesia del ricambio? Un po’ è lettura attenta del lavoro settimanale e voglia di tenere accesa tutta la rosa in un anno senza coppe; molto è il riconoscimento che – vista l’urgenza di Thohir di vincere tutto e subito per rilanciare economicamente il club – la prima identità da fondare era quella «spirituale», più importante di quella tattica. Ecco allora il camaleontismo spinto, lo slalom fra i moduli e l’assenza di spocchia nell’adeguarsi, come Zelig di provincia, al sistema degli avversari se serve (cfr. il 3-5-2 col Torino). Così la grande forza dell’Inter oggi è soprattutto la condivisione di un atteggiamento, cooperativismo, solidità fisica e mentale che compensa i limiti di manovra (e senza un uomo d’ordine una crescita pare difficile) e le armonie offensive precarie, in primis quella Icardi-Jovetic.
Magari anche per questo Mancini continua a dirsi scettico, «perché ci sono 3-4 squadre più attrezzate di noi per vincere». Intanto però la sua squadra-esperimento è prima e con margini di miglioramento che nessuna grande della serie A possiede. Forse, alla fine del discorso, questo è oggi lo stato dell’arte: se funziona così adesso con tutti i suoi limiti, che cosa accadrà quando dal laboratorio dell’Alchimista uscirà l’Inter definitiva?