Corriere della Sera, 24 novembre 2015
Da Torino a Bologna: la strana delocalizzazione delle pantofole Defonseca
Non capita tutti i giorni che un’azienda voglia delocalizzare da Torino a Bologna. Il caso è quello della Defonseca, un marchio leader nelle pantofole e scarpe da mare, che da Leinì si vorrebbe spostare a Casalecchio del Reno. Almeno così sembra dalle voci che circolano perché l’amministratore delegato, Paolo Gigante, è piuttosto restio a fornire notizie ufficiali. Si sa solo che 65 posti di lavoro sono in pericolo e i lavoratori per denunciare la situazione hanno ideato anche la pagina Facebook «Io sto con i dipendenti Defonseca». Il trasferimento riguarderebbe solo l’ideazione e lo style perché in realtà la vera delocalizzazione, quella della produzione, l’azienda torinese l’ha fatta da un pezzo andando a produrre in Cina i suoi 14 milioni di calzature che vende ogni anno.
La concorrenza nel settore è spietata e per competere con le offerte low cost di pantofole che si vendono anche nei supermercati alimentari la Defonseca aveva optato da tempo per un modello misto, design italiano e costo del lavoro cinese. L’azienda è stata fondata negli anni ‘70 da due coniugi, lui Tamagno e lei Camis Defonseca e a loro si deve il successo del brand, 15 anni fa poi il controllo è passato a Iniziativa Piemonte e successivamente a due fondi d’investimento, Consilium e Star Capital, che si sono impegnati a restare nel capitale fino al 2017. Non di più.
Ma con l’arrivo nel maggio scorso di Gigante le cose si sono messe in moto con largo anticipo perché si sarebbero acuite le difficoltà di mercato e si sarebbe ravvisata la necessità di una svolta drastica. Il manager, che vanta un master ad Harvard e si professa ammiratore delle trasmissioni di Milena Gabanelli, ha in Emilia una concessionaria Mercedes e per questo forse vuole avvicinarsi a Bologna. I dipendenti Defonseca però non hanno intenzione di trasferirsi in Emilia se non nel numero di 3 o 4, il resto perderà il posto di lavoro. E per questo sciopera. Senza di loro l’azienda potrebbe assumere nuovo personale in Emilia e ricominciare daccapo anche se trattandosi non di addetti alla manifattura ma di personale amministrativo e ideativo la sostituzione non appare così facile.
Ma è davvero la delocalizzazione nella pianura padana il vero obiettivo dei proprietari della Defonseca oppure c’è dell’altro? La Filcams-Cgil torinese è molto preoccupata dal silenzio dei vertici aziendali mentre il sindaco di Casalecchio, Massimo Bosso (Pd), così come i sindacati locali sono in palese imbarazzo. Un’azienda che si trasferisce in tempi di crisi equivale a un terno al lotto se poi si tratta comunque di una leader di mercato l’apprezzamento aumenta ma farsi la concorrenza tra Torino e Bologna non è certo una cosa che possa rendere felici né il Pd né la Cgil.
«Abbiamo scritto all’azienda per sapere cosa sta succedendo – dice Sergio Dovana della Filcams torinese – siamo disposti a ragionare per far fronte alle difficoltà, ma vogliamo capire dov’è il problema. Il marchio è sempre apprezzato». Interpellato dal Corriere di Bologna il sindaco Bosso ha comunque ricordato come Casalecchio sia un sito industriale conveniente in fatto di costi e di viabilità («lo dice anche uno studio di Nomisma»). E se il ventilato trasferimento fosse un bluff per ridimensionare la Defonseca e mettere in vendita il solo marchio? Per ora è solo un’illazione ma il silenzio dei manager autorizza i cattivi pensieri.