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 2015  novembre 24 Martedì calendario

È morta Fiamma Breschi, l’amica particolare di Enzo Ferrari

«L’ingegnere Mauro Forghieri e Gaetano Passarelli con dolore partecipano alla scomparsa della signora Fiamma Breschi, ricordando con tristezza e rammarico quando le gare si vivevano e vincevano con grande spensieratezza e allegria e con la presenza ai box di signore bellissime». Il necrologio è apparso ieri sul Corriere. Poche righe delicate e romantiche che contengono una storia intensa e sommersa. Protagonisti: Fiamma Breschi, la «bellissima signora», ed Enzo Ferrari. Lei, ultraottantenne e malata, è scomparsa venerdì a Firenze. Lui, signore e padrone della leggenda più straordinaria del motorismo, se n’è andato il 14 agosto 1988. Si conobbero nel cuore degli anni Cinquanta. Fiamma, giovane e attraente, era la compagna di Luigi Musso, pilota romano del Cavallino, disposto a lasciare moglie e due figli pur di averla accanto ogni giorno, sino all’ultimo, 6 luglio 1958, quando morì, a Reims, dopo l’ennesimo incidente di un’epoca da stragi in pista. Appena lo seppe, Fiamma cercò di gettarsi dalla finestra dell’hotel. Bloccata dalla compagna di Juan Manuel Fangio, Beba, e dalla moglie di Maurice Trintignant, Lulù. Fu allora che Ferrari cominciò a scriverle, a frequentarla, a chiederle consigli, preso da una docilità inattesa: «Si affidò a me, gli inventai quello che poi è diventato il suo modo di vestire – disse in una rara intervista —. Già nel 1962 mi voleva sposare, mi ha chiesto di sposarlo sino a quando è morto». Si telefonavano. Ore ed ore di conversazioni. Si scrivevano. Una lettera al giorno, secondo chi viveva vicino a Ferrari. Si vedevano. A Firenze, forse altrove: «Veniva a mangiare a casa mia. Fece coniare una coppa con il Cavallino dedicata a mia madre, la cuoca più brava del mondo». Abbastanza per far scattare pettegolezzi insistenti lungo quel crinale delicato che fu la vita privata del Grande Vecchio di Maranello, sposato con Laura, legatissimo a Lina, mamma di Piero. Del resto, Fiamma Breschi cercò sempre di allontanare ogni ambiguità: «Eravamo amici, era qualcosa di grande ma di platonico». Questo disse e scrisse nel libro «Il mio Ferrari» (Mursia) del 1998. Una musa, dunque. Intelligente al punto da farsi nominare dal capo, inviata speciale alle corse: «Ferrari aveva sempre bisogno di controllare tutto e lei era una donna piacevole, abile nel parlare e nel fare» racconta Forghieri, il tecnico che ha accompagnato il decollo del mito di Maranello: «Capace di convincerlo a presentare la prima Ferrari gialla, una 275 GTB 4 del 1966». Chissà, forse Fiamma, riuscì a sfiorare un lato debole e nascosto di quell’uomo così geniale, così feroce, così difficile da trattare. Del quale disse molto e disse molto poco, conservando, insieme al casco giallo di Musso, ogni sua lettera, ogni segreto, dentro una cassetta blindata. Ma ogni curiosità pare, adesso, un’invadenza. Meglio lasciar correre l’immaginazione e una nostalgica tenerezza. Sentimenti nel vento, a bordo di automobili preziose. Immagini di un uomo e una donna che volano via, con i loro misteri, dentro un tempo magnifico e perduto.