Corriere della Sera, 24 novembre 2015
Chi è Al Adnani, il regista delle stragi con una taglia di 5 milioni di dollari sulla testa. È lui che disegna le strategie delle missioni per conto di al Baghdadi
Quando si esaminano gli aspetti tecnici della strage di Parigi bisognerebbe ricordarsi del passato. Basta un episodio: settembre 1970, i fedayn dirottano tre jet passeggeri sulla vecchia pista di Zarka, Giordania, e li fanno saltare. Azione davvero sofisticata condotta dalle operazioni speciali del Fronte popolare. Per compiere quel tipo di attacchi gli estremisti avevano creato un comando ad hoc.
Ora la storia si ripropone per l’Isis. Al Califfo non basta più ispirare azioni individuali sulle quale mettere cappello. Al Baghdadi – se le valutazioni dell’intelligence Usa sono esatte – ha messo in piedi un comando per colpire all’estero e lo ha affidato al suo portavoce, Abu Mohamed Al Adnani, vero regista dell’offensiva. Con in mente diversi obiettivi: 1) Dimostrare di essere più abile di Al Qaeda. 2) Avere una capacità globale. 3) Compensare sconfitte militari in Siria e in Iraq. 4) Spargere paura, provocare una reazione contro i profughi.
Una svolta emersa grazie a intercettazioni e indagini: vi sarebbe la prova di un collegamento diretto al massacro in Francia, al disastro del jet russo nel Sinai, all’attentato a Beirut.
L’organizzazione, senza perdere la catena gerarchica, ha caratteristiche di agilità, con ruoli che si possono sovrapporre. L’elemento chiave è la flessibilità, con missioni che si adattano a seconda degli uomini a disposizione. E questo è fin dalla cima della piramide. Al Adnani, siriano, 38 anni, taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa pensante, lancia gli audio di propaganda, disegna strategie e coordina. Un modus operandi trasmesso ai militanti che dovranno poi eseguire gli ordini. Dunque il movimento dirige, finanzia, fornisce assistenza, ma lascia gli aspetti finali agli esecutori. Anche la scelta del target è nelle mani dell’apostolo della violenza.
Gli americani – secondo un articolo del New York Times che ha confermato indiscrezioni di questi ultimi giorni – hanno individuato numerosi personaggi. Forse una mezza dozzina di «ufficiali» o poco più, alcuni dei quali di origine europea: ovviamente si tratta dei profili noti, ma nessuno sa con esattezza quanti possano essere.
Abdel Hamid Abaaoud, il belga-marocchino dell’assalto alla Francia era uno di questi. Un terrorista che nell’arco di un paio d’anni, grazie alle doti messe in mostra sul campo di battaglia in Siria, è stato scelto per far parte del fronte esterno. Ha bruciato le tappe in virtù del suo impegno e dei contatti in patria, complici sparsi tra Nord e Sud dell’Europa.
Accanto al suo nome è apparso quello di Fabien e Jean Michel Clain, originari delle isole Reunion, con una lunga militanza prima nel qaedismo e nelle filiere che hanno portato decine di volontari in Iraq, quindi al servizio dell’Isis. Una pianta cattiva dalle lunghe radici. La polizia non esclude che abbiamo avuto una parte significativa anche negli attentati di venerdì: di certo li hanno rivendicati sul web, con la loro voce. Poi Peter Cherif, estremista tosto e amicone dei fratelli Kouachi, quelli di Charlie Hebdo. Quindi Salim Benghalem, preso di mira in ottobre da un’incursione dei caccia francesi e sulla cui sorte girano notizie contrastanti.
Rispetto ai terroristi classici non celano il loro volto. Lo mostrano nei video in quanto è come fosse un grado, il segno che contano anche se poi sono spendibili. Curano l’immagine di mujahed senza paura e si occupano delle cinture esplosive, studiano le strade sicure per far arrivare i complici fino a Bruxelles o Milano, partecipano all’esecuzione.
Quando al Adnani chiede loro se hanno un «fratello» pronto al martirio consultano la lista di tanti coetanei arrivati in questi mesi a Raqqa e Mosul. Ne bastano 4 o 5, ma anche uno solo. Oppure allertano quello rimasto a Molenbeek. Comunicano in modo protetto, con messaggeri, e via Facebook. Alla mente non serve altro, la presenza di jihadisti provenienti da dozzine di Paesi offre al Adnani soluzioni infinite e il vantaggio di designare il punto più debole.