La Stampa, 23 novembre 2015
Paltrinieri non ha paura di andare a nuotare in Israele: «L’alternativa è restare in casa con le tapparelle abbassate»
Gregorio Paltrinieri ha chiuso la scorsa stagione confuso e felice. Con un oro al collo e senza un rivale al fianco. Campione del mondo nei 1500 metri disertati dal cinese Sun Yang.
Ripartiamo da lì, a distanza di 5 mesi da quella strana gara, si è dato una spiegazione?
«Ogni tanto ci ripenso e ho riguardato quei 1500 metri un paio di volte. Non saprò mai cosa è successo ma credo che Sun avesse paura».
Paura di perdere?
«Aveva vinto i 400 e gli 800 ma a fatica, era entrato ai Mondiali da re e una sconfitta nella gara dove una volta era padrone assoluto lo avrebbe destabilizzato. Lui era molto agitato in quei giorni, credo che quel testa a testa inaspettato con me negli 800 metri lo abbia messo in confusione».
Lo considera ancora l’uomo da battere?
«Sì... non so. Diciamo che adesso ha qualcosa da dimostrare anche lui».
Non lega il forfait ai sospetti sul doping?
«No. Del resto non avrebbe avuto senso: è stato a Kazan tutto il tempo, se avesse avuto quel tipo di problemi non si sarebbe proprio presentato e poi basta dubitare di tutto. Quando ti prendono sei colpevole altrimenti no».
Poche settimane fa è morta una ragazzina cinese, 17 anni, aveva appena vinto con le giovanili. Una notizia così la fa dubitare?
«Ci fa pensare e infatti ne abbiamo parlato tra noi perché, ovvio, è difficile credere che un’atleta giovane e controllata abbia avuto un collasso improvviso. Però non sappiamo nulla di lei e del suo mondo e le dobbiamo solo rispetto».
Quello che sappiamo è che la Wada ha pubblicato un rapporto in cui è chiaro che i bari sono tanti.
«Ripeto, quando ti beccano ti devono squalificare e per parecchio».
Cosa pensa del bando dell’atletica russa?
«È esagerata ma è giusto così. Mi spiego: sono certo che ci andranno di mezzo persone pulite, il che è insopportabile, però se una nazione perde la credibilità a quel modo diventa impossibile fidarsi. È un avvertimento necessario. Spero che ora i dopatori seriali ci penseranno su due volte».
La stagione riparte dagli Europei in vasca corta. Che si aspetta?
«Guardi, detesto chi si nasconde ma davvero per me questo è l’anno delle Olimpiadi. Tutto quello che viene prima lo affronto con il massimo che ho in quel momento ma non al massimo. Non potrei, i Giochi saranno il giorno della vita ed è su quello che mi devo tarare».
Cosa ricorda della finale delle Olimpiadi 2012. Aveva 17 anni.
«Mi è piaciuto tutto e mi porto dietro ogni dettaglio. Allora furono solo emozioni, stavolta dovrò provare a sfruttarle come spinta e restare lucido. Quell’esperienza mi servirà. Serve soprattutto come motivazione: non vedo l’ora di essere di nuovo lì».
Gli Europei in corta sono in Israele e c’è chi avrebbe preferito spostarli per ragione di sicurezza.
«C’è chi è a favore, chi contrario. Io non mi preoccupo, non avrebbe senso. Dopo Parigi è ancora più chiaro che non è possibile purtroppo prevedere tutto. L’alternativa è restare in casa con le tapparelle abbassate. Non è vita, è terrore e spingerci in un angolo è proprio quello che vogliono i terroristi».
I timori su Israele erano precedenti agli attentati in Francia.
«Non conviene farsi paranoie. Non è una situazione che possiamo controllare noi».
Dopo gli Europei c’è il Duel in the Pool, sfida Usa contro America. Nel nuoto gli Stati Uniti sono ancora un altro mondo?
«No, ma hanno un’altra testa e questa sfida lo dimostra. Loro ci sono quasi tutti. Noi europei facciamo più fatica a vivere di competizione. Mancano i francesi, il ranista Peaty è rimasto a casa, manca pure la Pellegrini. Nessuna critica, ma per il mio senso della sfida penso che al completo li avremmo potuti battere. Così è difficile».
Come è cambiata la vita da campione del mondo?
«Ho gli occhi addosso, più responsabilità e più voglia».
Come sono ora i ritorni a casa, a Carpi?
«Più complicati. Lì mi riconosco e mi fermano proprio tutti»
Ha visto il Carpi in serie A?
«Ero allo stadio per il derby con il Sassuolo. È dura passare di categoria, è la cosa più difficile dello sport».
L’anno scorso lo stage in Australia aveva spezzato la monotonia. In questi mesi come fa a restare concentrato?
«È l’anno olimpico, è fatto di concentrazione e poi al momento carico. Con 18 chilometri al giorno non è che restano tante forze per pensare troppo».
A proposito di pensieri, è fidanzato da anni con Letizia, dopo i Giochi valuterà il matrimonio?
«No, no è presto. Cioè va tutto benissimo, ma per le nozze c’è tempo».