La Stampa, 23 novembre 2015
La moda delle zuppe fresche, in plastica
Con l’inverno arrivano le zuppe. Si tratta di uno dei piatti tradizionali della cucina italiana, piatto povero senza dubbio, ma nutriente. Il termine «zuppa» indica una minestra di pane affettato in brodo di carne, pesce o verdure. Un tempo la si mangiava nel bicchiere accompagnandola con pane e vino. Cibo da contadini. Il termine proviene dal germanico suppa, che indica la fetta di pane inzuppata. Longobarda l’origine, toscana la diffusione. Si tratta di un piatto attestato in età piuttosto tarda, nel XVI secolo. Oggi si trova in circolazione una zuppa preconfezionata. Ha nome da pubblicitari corrivi: Dimmidisì. Questo marchio offre zuppe fresche in una confezione di plastica e con un involucro esterno di cartone. «Zuppe fresche come fatte in casa», recita lo slogan.
La più venduta è la zuppa toscana di legumi e cereali, ma c’è anche l’ortolana, la pasta e fagioli, il passato di verdure, il minestrone di verdure, le patate e porri, il farro e verdure, la zucca e carote, gli asparagi. Va introdotta in un forno a microonde per tre minuti, per riscaldarla adeguatamente. C’è anche la monoporzione; la consuma in prevalenza il pubblico femminile, più attento di quello maschile alla linea e ai cibi biologici. Sul cartone che avvolge la confezione per due persone, s’insiste sul fatto che si tratta di un prodotto vegetale senza grassi animali, conservanti, coloranti e glutammato. Oggi tra zuppe e minestre si fa una certa confusione. La minestra è una vivanda di riso o pasta in brodo con verdura, cotta in acqua, scolata e poi condita. La parola «minestra» significa «servire». La zuppa è un cibo più povero rispetto alla minestra per la mancanza della pasta e del riso suffragato da fagioli e lenticchie. Si mangia tutto l’anno, grazie ai prodotti preconfezionati. Qualche decennio fa Piero Camporesi segnalava che la fine della società agraria tradizionale ha significato la scomparsa delle temporalità stagionali dove il ritmo biologico era in rapporto con quello alimentare: «L’ordine calendariale regolava il tempo alimentare imponendo salutari alternanze tra il vuoto e il pieno».
L’ordine nuovo si fonda sulla serialità dei prodotti. Chissà cosa avrebbe detto Camporesi di questa zuppa, lui che stabiliva uno stretto rapporto tra il mangiare e la copula? Quale ordine sessuale, oltre che alimentare, ci suggerisce Dimmidisì? Forse quello della app Tinder per la rapida ricerca di partner disponibili. Tra i prodotti preconfezionati e il sesso rapido una relazione non troppo recondita probabilmente c’è.