ItaliaOggi, 21 novembre 2015
Il controsenso del Pd che chiede un risarcimento nel processo Mafia Capitale
Il processo a Mafia Capitale è appena iniziato, e già fioccano le polemiche. Tra i primi atti, il collegio giudicante doveva decidere su 65 richieste di costituzione di parte civile, stabilendo fin da ora chi potrà chiedere i danni nel caso di condanna degli imputati. Su 65 richieste, ne sono state accettate 23, respinte 42. Tra i bocciati, il M5s grillino, la Confindustria, il Codacons, e altre associazioni che difendono i diritti dei cittadini. Accolte, invece, le richieste di Stato, Regione e Comune, di varie associazioni antimafia e antiracket, nonché, con un singolare distinguo, quella del Partito democratico del Lazio. Come mai il Pd laziale sì, e il M5s no? Non sono forse due partiti politici con eguali diritti?
Su questo punto, i giudici hanno stabilito che il Pd laziale potrà rivalersi soltanto «sugli imputati iscritti o eletti nelle liste del partito», se condannati, ma non su altri imputati, compresi i due principali, Massimo Carminati («er cecato») e Salvatore Buzzi (che sguazzava nel malaffare con la cooperativa 29 giugno). Quanto al partito di Beppe Grillo, non avendo propri iscritti tra gli imputati, non potrà chiedere i danni a nessuno, e per questo è stato escluso dal processo. Identico ragionamento è stato fatto dai giudici per la Confindustria e per il Codacons: bocciati per onestà. Una distinzione per certi aspetti paradossale: il Pd romano, dove un circolo su quattro è stato definito «dannoso» da Fabrizio Barca, conta diversi iscritti sul banco degli imputati, ma alla fine del processo potrebbe avere addirittura un tornaconto economico; gli altri partiti, no. Anche per questo, la decisione del tribunale ha scontentato molti, e dato il via alle polemiche.
Il dorso romano del Corriere della sera si è immediatamente schierato a favore dei giudici, con un commento di Giovanni Bianconi, firma di punta. A suo avviso, i giudici hanno deciso così «per non alimentare il sospetto di un processo-carrozzone. Al di là delle decisioni (sempre discutibili), è un segnale di serietà ed equilibrio. Utile a far partire il dibattimento con il piede giusto». Di parere opposto l’avvocato Carlo Rienzi, fondatore del Codacons, che mi ha inviato un giudizio scritto, fortemente polemico, da quale estraggo alcune considerazioni. Dal loro contenuto, il lettore può capire il clima del processo, e giudicare egli stesso le parti in causa.
Scrive Rienzi: «Con la sua ordinanza, il tribunale di Roma ritiene che la mafia danneggia lo Stato, il Comune e la Regione, cioè proprio quelle istituzioni che a Roma hanno prodotto la mafia, praticano la corruzione, e non danno quasi più nulla ai cittadini. Non solo. Tra tutte le associazioni che tutelano i cittadini, il tribunale ritiene che Mafia Capitale danneggi soltanto quelle che la combattono ’nel nome’, cioè quelle che possono vantare, nel nome che portano, parole tipo ’contro la mafia’, o ’antiracket’. Come se combattere la mafia non passi anche attraverso le centinaia di mozioni e proposte di legge dei parlamentari non corrotti, oppure attraverso i 1.100 ricorsi del Codacons al Tar per fare annullare gli appalti mafiosi. Proprio ieri, come Codacons, abbiamo ottenuto la restituzione ai cittadini di Roma del parco di Monte Mario, che lo Stato aveva regalato alla cooperativa 29 giugno di Buzzi».
Più avanti: «L’articolo 24 della Costituzione afferma che ’tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi’. La decisione del tribunale, in un colpo solo, ha stracciato questo articolo e quello sul giusto processo, il 111, zittendo così i cittadini che tramite il Codacons, ma anche individualmente come Roberta Lombardi, deputata grillina, avevano chiesto di potersi costituire come parte civile. Dunque, un’ordinanza di dubbia costituzionalità». Anche l’ammissione del Pd laziale, e di contro l’esclusione del M5s, ha sorpreso Rienzi: «Se, per assurdo, il movimento grillino si fosse chiamato ’M5s contro la mafia’, sarebbe stato ammesso, mentre non hanno contato nulla le sue iniziative in Parlamento contro la corruzione. Ma il fatto più grave di questa ordinanza è che, per il tribunale di Roma, il cittadino romano, che sia grillino o di un altro partito, deve contentarsi di chiedere i danni soltanto tramite il Comune, la Regione e lo Stato, tutti ammessi come parti civili. Come dire che devono delegare la loro richiesta di giustizia a quelle istituzioni che la mafia l’hanno allevata in seno e l’hanno ingrassata, proprio a scapito dei cittadini onesti, che si trovano le bollette comunali gonfiate dalla corruzione. Bollette che, aspetto ignorato dall’ordinanza, non vengono pagate dal Comune, dalla Regione o dallo Stato, bensì dai cittadini danneggiati».
Conclude Rienzi: «Non dubito che questo tribunale possa condannare i responsabili di Mafia Capitale. Ma dubito che l’ordinanza sulle parti civili sia una vittoria della giustizia sul malaffare. Anzi, la considero una grave sconfitta dei cittadini, tanto più grave perché, fuori dal tribunale, vedo tanta immondizia e tanta sporcizia, come sempre in questa sfortunata città”. Il processo continua, e le polemiche, viste le premesse, non mancheranno.