la Repubblica, 22 novembre 2015
Incentivi per le auto elettriche, scarti industriali riutilizzati, treni alimentati con fonti rinnovabili: così la Svezia si prepara a diventare il primo Paese a emissioni zero
Stoccolma. «Benvenuti a bordo del trasporto veloce a emissione zero. In venti minuti, a 205 orari vi porteremo nel centro di Stoccolma». Silenzioso missile giallo e bianco con schermi per news networks a bordo, il supertreno Arlanda Express esce accelerando alla superficie, si lascia alle spalle il megagalattico aeroporto, che usa anch’esso solo le rinnovabili, e le due stazioni sotto i cinque terminal, profonde come rifugi antiatomici perché la pace è fragile, e sfreccia verso la vivace “Londra del Grande Nord”. Ecco, la scommessa-rivoluzione chiamata “Svezia 2050” ti viene subito incontro, appena atterri. E quando il supertreno rallenta e entra nei bei quartieri borghesi, non vedi fumo nero di gasolio da riscaldamento o di olio combustibile uscire dai camini di eleganti palazzi o moderne industrie. L’obiettivo è ambizioso, gli svedesi sono decisi a non mancarlo: «Entro il 2050», hanno spiegato il premier socialista Stefen Loefven e la sua vice, la ministra dell’Ambiente e leader dei Verdi Asa Romson, «saremo il primo paese industriale avanzato a emissioni zero. Senza danneggiare crescita, occupazione e qualità della vita, anzi dando loro nuove forze». Con questa sfida, il regno delle tre corone chiede coraggio di scelte dure all’imminente vertice mondiale sul clima di Parigi, «e anche se altri non ci seguiranno noi andremo avanti».
Ispiratrici della sfida Made in Sweden sul clima, le brave, attivissime donne al potere: prima di tutte Margot Wallstroem, agli Esteri, teorizzatrice della «superpotenza col cuore», poi la Romson stessa, poi la titolare delle Finanze. E infine ma non ultima Kristina Persson: nelle stanze accanto a quelle del premier, a Palazzo Rosenbad, lei guida l’unico “ministero del Futuro” del mondo. Come una maga buona di Harry Potter, insieme a politici d’ogni colore, imprenditori, sindacati, ong, progetta e ripensa ogni giorno il mondo in cui vivremo.
A un primo sguardo superficiale, passeggiando in centro, non penseresti a tanta fretta d’addio al Co2 e a ogni altra emissione fossile. Se non altro perché dal lusso delle boutique adorate da una borghesia colta quanto elegante alla luce che illumina caves, discoteche e internet café di Soedermalm e centri culturali giorno e notte, Stoccolma non ti fa pensare subito a una città che taglia o risparmia energia. Meno che mai, se ricordi che qui la musica rock, prima di essere sentita ad alto volume nei locali, è sovvenzionata perché parte della cultura d’oggi. Ma la scelta è fatta, insistono gli esperti a Rosenbad. «E possiamo farcela, non è utopia da visionari», mi dice il giovane Fredrik Hannerz, uno dei padri del piano Svezia 2050, ricevendomi al ministero dell’Ambiente a un passo da Kungstraedsgarden e dall’Opera.
«Chiunque governi, qui siamo pragmatici», spiega il professor Kjell A. Nordstrom, economista anticonvenzionale di grido, spesso consultato dall’esecutivo, e precisa: «Se un’idea ci appare eticamente a posto, efficiente, pratica, utile, tentiamo tutto per applicarla, che sia nostra o che venga da Usa, Israele o altre location di punta delle high tech di domani». Difficile, a prima vista, ridurre le emissioni in un’economia industrializzata e ipertecnologica, dove metà del Pil viene dall’export di beni d’eccellenza: auto come aerei, elettronica e marchi internet come Skype o Spotify. «Ma non è impossibile», insiste Hannerz. E il consenso sulla rivoluzione delle emissioni zero è bipartisan, tra socialdemocratici e verdi al governo e i quattro partiti “borghesi” (qui si dice così in senso buono) del centrodestra. Stoccolma, ieri tempio dell’utopico socialismo liberal di Olof Palme e Tage Erlander, propone oggi al mondo ricco un altro sogno: la salvezza solidale e sostenibile di clima e ambiente.
«Finora ce l’abbiamo fatta ad andare avanti, anche veloci», dicono al ministero: la carbon tax introdotta nel 1991 è di cento euro a tonnellata, contro la media di cinque-dieci nel resto dell’Unione. Chi compra un’auto elettrica riceve l’equivalente di oltre diecimila euro in contanti, più parcheggi e pedaggi gratis e altri fringe. Gli autobus di tutta la Svezia usano solo etanolo, e i comodi treni delle sette linee della Tunnelbana, la bella metro della capitale con stazioni decorate da artisti (profondissime, antiatomiche), vanno anche loro a rinnovabili, come gli X-2000 dell’alta velocità. S’illumina di luce prodotta solo dalle rinnovabili anche il magnifico mercato coperto fin-de-siècle di Ostermalstorg, location d’eccellenza gastronomica e di struscio e spuntini nei bistrò interni per la borghesia locale. «Dall’introduzione della carbon tax a oggi, abbiamo ridotto le emissioni del 40 per cento, mentre l’economia cresceva del 105; i carburanti fossili sono scesi dall’80 per cento del totale a ben meno di un terzo, meno delle rinnovabili». Obiettivo: una flotta di veicoli privati e pubblici liberi dai carburanti fossili. Non finisce qui: come si comincia a fare anche negli Usa e in Israele, i migliori ricercatori sono al lavoro per sviluppare ecocarburanti anche per i jet di linea, e già oggi, ricordano alla Flygvapnet, l’aviazione reale, «i nostri caccia supersonici Gripen con cui prima che il grande vicino si unisse alla guerra contro il Daesh respingevamo le visite dei suoi bombardieri, volano senza perdita di prestazioni con carburante da jet civili, molto più pulito di quello degli aerei militari di tutto il mondo».
La domanda maliziosa ti viene in mente, inevitabile: e se fosse solo un bel sogno da “Fabian society” o da “Città del sole”? «No, guardi, possiamo farcela», insiste Fredrik Hannerz, «chiunque ci possa governare è d’accordo». E ricorda un elemento-chiave: «Le foreste sono il nostro oro verde. Addio alla deforestazione selvaggia dell’alba della rivoluzione industriale, adesso l’ordine prioritario è riforestazione massiccia, e uso sostenibile dell’industria del legno». Mica male, per la patria di Ikea e del design. «Le foreste», continua, «sono il polmone da estendere, e non solo: i loro “avanzi”, dagli alberi che muoiono agli scarti della produzione di legname, vengono e verranno sempre più gasificati e così utilizzati come fonti d’energia pulita, per le industrie o per il riscaldamento delle case». Insieme alla biomassa, alla geotermica nazionale e ai fiumi sotterranei della vicina Norvegia, al fotovoltaico. «Non è utopia, vogliamo essere domani esportatori-leader di tecnologie per l’energia pulita, come oggi con le auto premium, gli aeroplani, le Hasselblad e internet». La scommessa c’è tutta, auguri cara Svezia.