Corriere della Sera, 22 novembre 2015
Le regole di Bagnasco per una buona omelia: frasi brevi e niente rimproveri ai fedeli.
Il cardinale di Genova Giuseppe Siri diceva che una buona omelia doveva durare sette minuti. Nonostante la sua autorità i sacerdoti sforavano e non di poco tanto che le «prediche» spesso sembravano non finire mai. Adesso il cardinale Angelo Bagnasco, «erede» di Siri alla guida della diocesi del capoluogo ligure, ha dato il suo benestare affinché i sacerdoti genovesi seguano (volontariamente) un corso per imparare a essere brevi, comunicativi e comprensibili; corso che ha visto il suo debutto nei giorni scorsi e che ha recepito le linee guida dettate da papa Francesco chen ha raccomandato ai pastori di anime di essere concisi e di non assumere toni di rimprovero nei confronti dei fedeli. L’idea è stata di don Giovanni Benvenuto: «Lei ha presente quando si dice: quello parla come un prete? – spiega —. Non è certo un apprezzamento positivo. Si pensa a qualcosa di noioso oppure a qualcuno che rimprovera in modo pedante. Come dire le cose, comunicare, è importante per raggiungere un risultato. Non basta pensare: ho detto quello che dovevo dire, ho detto le cose giuste, bisogna cercare di dirle nel modo giusto. Papa Francesco in questo è di grande esempio». Così ecco una giornata di full immersion con due esperti, uno di comunicazione in generale e l’altra che si è concentrata sulla voce. Piccolo vademecum: omelie fra i 7 (Siri non è dimenticato) e i 15 minuti, controllare la voce imparando a usare pause e silenzi (il tono monocorde «da prete» toglie efficacia), anche la postura è importante ad esempio non bisogna tenere lo sguardo basso ma avere un atteggiamento diretto, anche il modo di muovere le mani può aiutare. La base, dice don Benvenuto «è la serenità, imparare a controllare l’ansia di parlare in pubblico che può prendere tutti. Ma più importante di tutto è la propria convinzione in ciò che si dice, la fede che è sta alla radice. Imparare a comunicarla è una forza in più».