Libero, 23 novembre 2015
Parla Lucia Ronzulli, la consigliera di Berlusconi. Racconta di tradimenti politici, di risalite, di matrimoni e rimpianti, ma anche di Renzi ecc
«Spenga quel registratore e le dico tutto. Sono una donna d’impeto, io: do fiducia e la pretendo».
D’impeto o no, mi pare la donna del momento, o almeno pare dalla foto con Berlusconi sul suo aereo privato diretti a Bologna... «La metta via, barattiamo con due foto dall’album “Ronzulli Personal” o mi tocca girare col giubbino anti-proiettili e la risalita diventa subito una discesa in picchiata».
Suscita molte invidie?
«L’invidia fa parte del mondo e della politica; è la malattia di chi si sente inadeguato. Socrate diceva che “la felicità è sempre soggetta all’invidia”».
E lei è felice adesso?
«Sì, ora posso dirlo ma ci sono stati momenti bui. La batosta della mancata rielezione al Parlamento Europeo nel 2014 è stata terribile, perché ha aggiunto al lutto per il divorzio quello per il fallimento professionale».
Non se l’aspettava?
«Per niente, ero certa di farcela. Sono stata tradita due volte. In entrambi i casi è stato attaccato uno dei miei valori fondamentali, la fiducia. Tra le cose che fatico a perdonare c’è l’inganno, che resta sempre nel mio remoto. Sono diretta e mi piace affrontare anche le curve con piglio e decisione, avrei voluto ricevere la stessa lealtà».
Pensò di lasciare la politica?
«A Bruxelles ho conosciuto molte persone. Ho avuto proposte da due multinazionali per curare le relazioni esterne ma ho rifiutato. Volevo decidere io quando chiudere».
Dove ha trovato «il gancio in mezzo al cielo» cui appendersi?
«Vedo che ha studiato! Citazione di Baglioni, il mio cantante preferito. Le rendo la citazione: ho pensato che “la vita è adesso”, mi sono attaccata alla mia voglia di rivalsa, a me stessa, a mia figlia, alla mia famiglia, ho lottato e alla fine ha vinto la mia testa dura».
È così orgogliosa?
«Moltissimo, forse troppo».
L’orgoglio non è un difetto, se non lo si mostra…
«Il guaio è che mi si legge tutto. Ma è l’orgoglio che non mi ha fatto mollare. Mi sarei sentita per sempre incompleta se l’avessi fatto».
E l’altro tradimento?
«Basta, sono passati anni. Ho perdonato, ora e allora».
Rimpianti?
«Non aver fatto tutto ciò che avevo messo nel cassetto. Anche se nei rapporti ho sempre messo chilometri di cuore e ho realizzato tanto, mi rimprovero di non essere stata lungimirante nelle mie scelte. Ma se proprio ne vuole sapere uno, è il sogno di tante ventenni: da ragazza volevo la famiglia del Mulino Bianco con quattro figli».
Non le è andata poi male...
«So di essere una privilegiata. Ho una bimba splendida che mi accoglie a casa con le braccia aperte e un sorriso che mi riconcilia con il mondo».
Cosa le ha detto il suo testimone di nozze, Berlusconi?
«Ahimé come testimone di nozze non porta fortuna. Ma è sempre stato molto affettuoso, dandomi consigli di vita che porto nel cuore come perle. Quando volevo dimettermi dall’Europarlamento per ragioni di famiglia me lo impedì, disse che me ne sarei pentita. E aveva ragione».
Come l’ha conosciuto?
«Iniziai a frequentare i suoi comizi. Ha presente il momento giusto al posto giusto? Una volta è capitato anche a me».
Che rapporti ha con lui adesso?
«Quotidiani, di stima e fiducia reciproca. Ma gli do ancora del lei, il tu proprio non mi viene, questione di rispetto. Pur non avendo timori riverenziali, non scodinzolo per piaggeria e ho il coraggio di dire se non sono d’accordo. Con lui sono un libro aperto».
Raccontano di un Berlusconi un po’ più chiuso ora...
«È ancora amareggiato per la sentenza che l’ha vergognosamente estromesso dalle istituzioni ed è preoccupato per l’Italia. Ma io confido che la sentenza di Strasburgo gli restituisca giustizia e la possibilità di candidarsi».
Ha sempre votato Berlusconi?
«Non sempre. Prima votavo An. Sono figlia di un carabiniere, sono cresciuta in caserma e al liceo sfondavo i picchetti dei comunisti».
È appena stata prosciolta dal caso Ruby. «Repubblica» fu molto dura con lei sul Bunga Bunga, la definì «la vigilessa del puttanaio»...
«Hanno scritto di tutto. Salvo poi mettere in breve la notizia della mia assoluzione. Mi è spiaciuto soprattutto per i miei genitori. Ho sofferto, veniva offerta un’immagine di me che non mi appartiene. Pensavo a mio padre e mia madre, queste fastidiose ombre sono ricadute anche su di loro».
Papà carabiniere ha indagato?
«No, e neppure la mamma casalinga. I miei genitori mi hanno dato solidi principi e mi hanno sempre sostenuta. A loro devo la tenacia nel voler continuare ad andare a testa alta, perché non ho nulla di cui vergognarmi».
Nascita del fenomeno Ronzulli?
«Volevo l’indipendenza e a 17 anni ho visto una pubblicità: cercasi personale infermieristico, corsi preparatori pagati 800mila lire. Mio padre non voleva che lasciassi gli studi e non mi parlò per tre mesi. Farei lo stesso con mia figlia. Aveva ragione; mi sono diplomata e laureata lavorando, con il doppio dello sforzo. Ma i primi vagiti d’indipendenza mia madre li ricorda in età da patello. Sono nata a Baggio e il quartiere difficile ha temprato il mio carattere. Tornavo a casa sempre ammaccata. Poi lei rincarava la dose».
Un attaccabrighe?
«Non volevo soccombere, mi battevo contro le ingiustizie. Ero e sono un’idealista».
L’Europa diventerà il teatro di una guerra di religione?
«Lo scorso weekend volevo essere a Parigi. Dopo l’attentato avevo confermato il volo perché non dobbiamo far vincere la paura e per questo è impotante che lo Stato garantisca la sicurezza. Vogliono terrorizzarci ma l’Occidente non deve rinunciare alle tradizioni e alla sua identità. E l’islam moderato deve schierarsi contro i terroristi e l’Isis con forza. Ma dopo il blitz di mercoledì mi hanno cancellato il volo. Non sa quanto mi è dispiaciuto».
Come nasce il suo rapporto con Salvini?
«A Strasburgo, quante sere a mangiare tarte flambé guardando il Milan. E quando faceva le sue sparate all’Europarlamento su euro e imigrazione ero tra i pochi a non demonizzarlo. E all’amicizia si è aggiunta la fiducia».
E certe malelingue…
«Ovvio, è il modo più facile e vile di attaccare la professionalità di una donna; calunniare e screditare per sminuirla nella stima e nella considerazione altrui oltre che nel ruolo. È una costante antropologica. Ma se pensano di fermarmi con queste bassezze si sbagliano, io me ne frego, è pattumiera. Spiace solo pensare, perché vi è la certezza, che questi attacchi arrivino dall’interno. Si tratta di fuoco amico».
Salvini sarebbe il suo tipo?
«Matteo è un amico. A me piacciono gli uomini d’altri tempi, come mio papà, molto gentiluomini e protettivi. Lui è un po’ brusco, l’altra sera tornando dalla partita mi ha lasciato alla fermata del taxi senza neppure accompagnarmi a casa. Ci rido ancora su se poi lo collego ai pettegolezzi».
Ma che c’azzeccano Berlusconi e Salvini?
«Dovrebbe vederli insieme. Salvini è affascinato da Berlusconi, lo ascolta ore. Silvio è magnetico e ha il dono dell’ospitalità. Di Salvini lo colpiscono la capacità mediatica e il miracolo che ha fatto portando la Lega al 14%».
Se vincete chi comanda?
«Prematuro dirlo, non si sa neppure se Berlusconi potrà candidarsi. A oggi Silvio è per carisma, esperienza e voti il leader ma fra i due non c’è reale competizione. Comunque la leadership la decideranno gli italiani, con il voto. E sarebbe una novità, visto che siamo al terzo premier di fila non eletto. E c’è chi la chiama democrazia...».
Salvini può fare il leader?
«Per ora, stando ai sondaggi, è in grande ascesa ma penso che dovrà cambiare abito. Politico, intendo. Lo sa anche lui, qualche segnale inizia a intravvedersi».
La scelta di andare a Bologna è stata criticata da molti autorevoli esponenti azzurri...
«Non sanno leggere la realtà politica e temono di perdere il loro micropotere. Non è la Lega che deve fare un passo indietro ma Forza Italia che ne deve fare due avanti. Chi sputa su Salvini dimentica di essere stato al governo con i voti della Lega e di esserle stato alleato quando Bossi palava di secessione. Bologna è stata un successo e una svolta perché dopo tanto tempo il centrodestra si è ritrovato unito sullo stesso palco: in dieci gironi i leader si sono già reincontrati più volte per decidere insieme la linea politica per le Amministrative».
Perché non si candida lei a Milano, visto che mette d’accordo Forza Italia e Lega?
«Magari un giorno, chissà. In Europa ho fatto un lavoro legislativo su temi molto importanti ma amministrare una metropoli è cosa diversa. Intanto continuo a lavorare dietro le quinte, sono forte sul one-to-one».
Ha una foto di Gianni Letta sul comodino?
«No, ma lo invidio. Chi sa tacere spesso è chi che sa meglio parlare».
Lei è alquanto loquace…
«Se una scelta non mi convince non me lo tengo per me. Vado dritto al punto anche se è scomodo starmi a sentire. C’è chi mi chiama Cassandra, spero di non fare la stessa fine».
Dice parolacce?
«Chiamiamole parole forti, ma che male c’è? A volte servono a rendere meglio il concetto. Sono genuina».
Forza Italia è un gineceo?
«E meno male. Le donne non si lagnano, sono più pragmatiche, propositive e lavorano sodo. E quelle intelligenti sanno fare squadra».
La bellezza in politica aiuta?
«Ma che domanda è? Tutte le qualità aiutano, anche la bellezza, se è in equilibrio con quel che ci sta dentro. Posso però confidarle che mi sarebbero piaciuti dieci centimentri in più».
Si immagina un futuro da Boschi, altra grande mediatrice?
«Mi fa piacere che una giovane donna occupi un ruolo così importante nelle gerarchie renziane. Purtroppo quando è stato Berlusconi a portare al governo ministre giovani, brave e belle, sono state massacrate. Solita doppia morale di sinistra e certa stampa».
E ora cosa le ronzulla in testa?
«Mi sto divertendo molto.Faccio cose che mi piacciono e in cui credo. Sono vicepresidente di Fiera Milano, faccio politica sul territorio occupandomi dei problemi della gente, ho più tempo per ascoltare e risolvere».
Difetti?
«La testardaggine, che è il lato brutto della caparbietà e il non dimenticare, eredità del segno della Vergine».
Bella foto-opportunity, all’Europarlamento col marsupio…
«È stata una scelta necessaria e fisiologica, dovevo allattare. Sono stata cinque anni in Commissione Donne, sapevo che non era la prassi e che non tutte le mamme possono fare altrettanto, mi sono battuta anche per loro. Mi inorgoglisce però vedere come oggi a cinque anni di distanza la foto di Vittoria tra le mie braccia all’Europarlamento accompagni molti articoli sulla conciliazione lavoro-famiglia».
Berlusconi venderà il Milan?
«Una parte sì».
Come ha convinto mr Bee a pagare 480 milioni per il 48% del Milan?
«Non l’ho convinto, lui si è fatto avanti. È la storia del Milan che parla, ha ancora un brand internazionale fortissimo e la sua commercializzazione in Cina può valere grandi cifre».
Fatto sta che la vicenda non si è ancora chiusa. Problemi?
«Non è un’operazione che si fa in breve. La struttura del deal è complessa e richiede tempo ma di più non posso dire. Sono scaramantica».