Corriere della Sera, 22 novembre 2015
Angela Merkel in dieci anni di potere si è vista passare davanti agli occhi novantotto capi di governo della Ue. Non è più così indiscussa come agli esordi, ma è ancora indispensabile
Novantotto: sono i capi di governo della Ue che Angela Merkel si è vista passare davanti agli occhi, ai quali ha stretto la mano e detto una parola in dieci anni da Cancelliera. Una prova di sopportazione colossale. Da quel 22 novembre 2005, quando si sedette per la prima volta nell’ufficio di capo del governo, portandosi dietro il grande quadro di Konrad Adenauer, le sue straordinarie pazienza e forza fisica le ha dispiegate con intensità crescente, fino a oggi, momento di crisi drammatica in Europa. Un decennio, il primo decennio Merkel, nel quale, tra crisi di ogni genere, ha guidato la Germania a prendere la leadership del Vecchio Continente.
Quando, quella mattina di due lustri fa, Gerhard Schröder, che aveva battuto alle elezioni due mesi prima, aprì la cassaforte e le passò le chiavi della Cancelleria, ricevette due cose: i regali di Silvio Berlusconi al suo predecessore e la riforma del mercato del lavoro realizzata da Schröder.
Gli orologi del premier italiano sono probabilmente da qualche parte, dimenticati come la gran parte dei 98 capi di governo europei. Sulla riforma del mercato del lavoro, Frau Merkel ha invece costruito negli anni successivi la sua forza in casa e capitalizzato nel mondo il prestigio dato dall’economia della Germania. La ragazza che Helmut Kohl aveva portato in politica dall’Est dopo la caduta del Muro e la riunificazione ha due doti: è fortunata e ha una flessibilità politica che le ha permesso di resistere salda al potere fino a diventare la leader più longeva della Ue.
Forgiata nelle crisi. Quella del 2008, quando guidava un governo di Grande Coalizione con i socialdemocratici. Quella dell’euro e della Grecia nel 2010-2011, Cancelliera di una coalizione con i liberali. Nel 2015 ancora quella della Grecia di Alexis Tsipras e poi l’Ucraina e la massa di rifugiati che sta arrivando in Germania – 850.000 in dieci mesi – attratti dalla sua politica delle braccia aperte, ancora a capo di una Grosse Koalition. In mezzo, crisi bancarie, il caso Opel da vendere o non vendere, movimenti xenofobi da tenere a bada, ora lo scandalo Volkswagen che rovina reputazioni, viaggi per il mondo (347 fuori dai confini), rapporti spesso tesi con Obama e soprattutto con Putin. Sempre (quasi) in controllo della situazione, sicura nella conoscenza dei dossier e con un’idea su cosa fare.
«È determinata, sostenuta da un’enorme controllo nervoso – dice Herfried Münkler, professore di Scienze Politiche all’università Humboldt di Berlino —. E molto più flessibile del macho Schröder o di Helmut Schmidt. Con enormi capacità fisiche». Caratteristiche che l’hanno resa indispensabile e unica in un mondo – aggiunge Münkler – dove certe doti femminili vincono e in un’Europa a 28 «che non può tollerare leader prepotenti».
Fino a due mesi fa, Frau Merkel era criticata perché – si diceva – è attendista, troppo attenta ai sondaggi d’opinione. In compenso, non si avevano dubbi: avrebbe vinto le elezioni, per la quarta volta, anche nel 2017, sarebbe cioè rimasta al governo della Germania (e dell’Europa) fino al 2021. La storia, però, ha svolte repentine e la Cancelliera sa sorprendere. A inizio settembre, di fronte alle masse di rifugiati che premevano ai confini dell’Europa, ha detto che il diritto di asilo per chi fugge dalle guerre è garantito dalla costituzione tedesca e che non ci sarebbe stato un limite ai profughi che la Germania avrebbe accolto. Un gesto di leadership indifferente ai sondaggi che – nelle parole del suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble – «ha salvato l’onore dell’Europa». Ma che ha creato divisioni nel governo e nello schieramento conservatore che guida, in particolare con la Csu, il partito bavarese gemello della sua Cdu. All’improvviso, la Cancelliera omnivora, capace di digerire ogni posizione politica è diventata divisiva, criticata per l’imprudenza di invitare centinaia di migliaia di profughi in Germania. «Ha detto che ce la facciamo – commenta Münkler – ma non ha detto come».
L’indiscutibilità della cancelliera, dieci anni dopo, non è solida come lo era stata fino all’estate scorsa. Ma i nervi saldi rimangono: nonostante nei sondaggi sia scesa dal 70 al 49%, Frau Merkel tiene la porta aperta (con moderazione) ai rifugiati, anche come risposta non xenofoba agli attentati di Parigi. E in parte sta recuperando. È la sfida del secondo decennio: se perde nel 2017, non si ripresenterà; se cela fa, sarà un trionfo e vedrà molti, molti altri capi di governo arrivare e sparire.