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 2015  novembre 21 Sabato calendario

Il riscaldamento globale non è un pericolo. Già nel 1588 si diceva che le grandi città avrebbero fatto una brutta fine

Molti hanno immaginato rovine che potrebbero attenderci e sono stati eccessivamente pessimisti. Nel 1588 Giovanni Botero scrisse che le città troppo grandi corrono rischi maggiori di carestie, epidemie, odi fra nazioni, difficoltà nei trasporti. Nel 1830 Thomas Robert Malthus preannunciò gravi carestie: riteneva che le popolazioni crescano in progressione geometrica (esponenziale), e che gli alimenti prodotti dalla terra crescano in progressione aritmetica (lineare).
Negli anni Sessanta venne di moda la “rovinografia”. La popolazione mondiale cresceva dell’1,8% all’anno (cioè raddoppiava ogni 40 anni) e si stimava che 840 milioni sui 3 miliardi totali fossero alla fame. Si temeva che la bomba demografica avrebbe causato stragi. Gli esperti, inascoltati, calcolavano che non sarebbe accaduto... Nel 2015 il tasso annuale di aumento è dimezzato: solo 0,9%. Il numero delle persone affamate è sceso dai 990 milioni del 1992 a 790 milioni, cioè al 12% della popolazione mondiale (nel 1970 stavamo al 34%). Si diffuse anche la paura della rovina dell’agricoltura. Detergenti, fertilizzanti e scarichi dannosi avrebbero spento la vita vegetale e animale. La diminuzione delle superfici coltivate era vista come un sintomo letale. Però, ad esempio, l’area coltivata a grano in Italia nel 1932 era di 5,4 milioni di ettari: oggi è di 1,9 milioni di ettari (1/3), ma il grano prodotto all’anno è lo stesso 8 milioni di tonnellate. La percentuale di lavoratori in agricoltura è scesa dal 62 al 4%. I danni dell’inquinamento dell’aria e dei suoli sono stati giustamente temuti e capiti. Quindi sono state introdotte regole severe e gli inquinanti dell’aria in Europa si sono più che dimezzati negli ultimi 20 anni. Da decenni molti climatologi asseriscono che a causa dell’uso di combustibili fossili con produzione di CO2 (che accentua l’effetto serra) la temperatura dell’atmosfera salirebbe di molti gradi. Scioglierebbe i ghiacci antartici e groenlandesi, si innalzerebbero i mari. Si avrebbero impatti ambientali gravi, siccità e desertificazioni. Per evitarlo, occorrerebbe limitare le emissioni di CO2. In effetti il riscaldamento è disuniforme. Ha molte cause fra cui le variazioni nel campo magnetico solare che deviano i raggi cosmici e fanno diminuire le nuvole a bassa quota. Non servono misure antieconomiche per limitare l’uso dei combustibili fossili. L’aumento del CO2 giova alla vegetazione (lo conferma il famoso fisico Freeman Dyson).
Nel 1971 (nel mio Il Medioevo prossimo venturo) descrissi i rischi della complessità dei grandi sistemi tecnologici. Sostenevo che la congestione aggravata da difetti dei sistemi di controllo avrebbe bloccato energia, trasporti, comunicazioni causando proprio nei Paesi più avanzati disastri ed ecatombi fino a tornare a condizioni di miseria, povertà, violenza. Non è successo, ho sbagliato previsioni anch’io. Però il rischio esiziale è quello di guasti dei sistemi di controllo degli arsenali nucleari. La ragione impone di eliminarli tutti. Il loro potenziale distruttivo può essere scatenato da guasti casuali ed equivale a quello di 700 kg di alto esplosivo per ogni essere umano. Non conosciamo i dettagli dei sistemi (segreti) che governano queste strutture. Dobbiamo immaginare e studiare i rischi, fermare chi detiene bombe nucleari e minaccia miliardi di vite umane.