La Gazzetta dello Sport, 21 novembre 2015
Dall’album dei ricordi di Juve-Milan
Quel pomeriggio la nebbia non offuscò l’impresa. 5 febbraio 1950, Stadio Comunale di Torino, Juventus-Milan valida per la quarta giornata di ritorno di Serie A. La televisione non era ancora nata ufficialmente, ma si facevano esperimenti e si decise di riprendere la partita in diretta per la sola zona di Torino. Telecronista Carlo Bacarelli che, appunto a causa della nebbia, vide poco o nulla. Si aiutò con il monitor di servizio. E, è proprio il caso di dirlo, con i frequenti boati (prima di sorpresa, poi di rabbia) del pubblico. Quella sfida finì 7-1 per il Milan, la più larga vittoria dei rossoneri in casa della Juve. Tre gol del «pompierone» Nordahl, uno a testa di Liedholm, Gren, Burini e Candiani. E pensare che in vantaggio c’era andata la Juve con John Hansen... Fu talmente clamoroso, e umiliante, il punteggio che a Carlo Parola saltarono i nervi: prese a calci Nordahl e si beccò l’unico cartellino rosso della carriera. A Milano, per festeggiare il trionfo, alcuni tramvieri abbellirono i mezzi pubblici con bandierine rossonere. Alla fine di quel campionato, tuttavia, a gioire furono gli juventini che conquistarono il loro ottavo scudetto, mentre al Milan i 35 gol di Nordahl (capocannoniere) servirono soltanto per arrivare al secondo posto.
Se Juventus-Inter è il derby d’Italia (definizione di Gianni Brera), Juventus-Milan è la nostra «classica»: una specie di Parigi-Roubaix del calcio. La prima volta fu il 27 maggio 1900, si giocò per un torneo chiamato «Medaglia del Re». All’Arena di Milano finì 2-0 per i rossoneri (gol di Camperio II e Allison). Re Umberto I, che due mesi dopo sarebbe stato assassinato a Monza, incoronò i vincitori allenati da Sir Herbert Kilpin. Da allora in poi le partite furono autentiche battaglie. A Torino e a Milano. E le azioni di queste sfide, i dribbling, i tiri, i gol e le parate punteggiano la storia del pallone. Non soltanto di casa nostra, sia ben chiaro, perché Juventus-Milan è stata anche una finale di Champions League, l’unica disputata tra due squadre italiane. Maggio 2003, all’Old Trafford di Manchester, vincono i Diavoli di Ancelotti ai rigori: la partita non è esempio di estetica applicata al calcio, ma è la dimostrazione che in quel momento (che bel momento...) l’Italia domina in Europa. Qualche anno prima, 6 aprile 1997, era stata la Juve a suonarle al Milan, e che musica! 6-1 a San Siro, una vergogna per i tifosi rossoneri che lasciarono lo stadio con le facce stravolte dalla rabbia e dalla delusione.
Ci sono uomini che alle sfide tra Juventus e Milan saranno legati per sempre. Per un loro gesto, per un’emozione che hanno dato o ricevuto. È il caso di Roberto Bettega, ad esempio. 31 ottobre 1971, a San Siro, il non ancora ventunenne «Bobby-gol» disegna un gol d’artista: cross dalla destra di Anastasi e Bettega anticipa il milanista Sabadini, colpisce di tacco e «uccella» Cudicini, che una simile prodezza proprio non si aspetta. Quel pomeriggio il calcio italiano scopre una stella che brillerà per più di un decennio. Michael Laudrup, invece, non potrà mai dimenticare domenica 20 aprile 1986, penultima di campionato. Juventus e Roma appaiate in testa, ma i bianconeri hanno il fiato corto mentre i giallorossi di Eriksson volano. Al Comunale la Juve ospita il Milan, la Roma se la vede all’Olimpico contro il Lecce già retrocesso. Succede l’inimmaginabile: la Roma si suicida e perde, mentre Laudrup regala ai bianconeri il gol che vale lo scudetto. Alla vigilia nessuno avrebbe pensato a un simile finale.
Ma Juventus-Milan è una partita che mette le ali a chi la gioca: trasforma mediocri centrocampisti in fantasisti da applausi, e addirittura fa diventare cannoniere un elegante difensore che con i gol non ha mai avuto grande confidenza. Stiamo parlando di Lilian Thuram che la sera di sabato 10 novembre 2002 partì di scatto dalla sua metà campo e andò a prendersi la gloria. Corse come un matto, il francese, e arrivò puntuale all’appuntamento con l’assist di Del Piero: il tiro di destro fu potente e preciso, e con quel gol la Juve domò definitivamente il Milan di Ancelotti, che di Thuram fu il primo allenatore in Italia. Lilian, sfinito dalla corsa e dalla gioia, s’inginocchiò e attese che i compagni, tutti straniti per una prodezza del genere, andassero ad abbracciarlo. Fu, quella, l’unica rete segnata dal francese con la maglia della Juve, e per realizzarla aspettò una serata speciale: quella contro il Milan.