il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2015
Intanto il Tg dell’Isis è affidato all’inglese John Cantlie che passa in rassegna i principali articoli mondiali in cui si parla dell’Isis, smonta le tesi, contesta gli argomenti e adopera un certo humour inglese
Sono John Cantlie, il cittadino britannico abbandonato dal mio governo e prigioniero dello Stato islamico da quasi due anni. In questa puntata voglio rivelarvi alcune scomode verità”. Una delle mosse spiazzianti, sul piano mediatico e della propaganda, giocata dai dirigenti dell’Isis è la modalità surreale con cui è costruito il Tg.
Da due anni, infatti, il cittadino inglese Cantlie è alla guida del programma televisivo Lend me your ears, responsabile di una “narrazione” jihadista dello scontro. Cantlie passa in rassegna i principali articoli mondiali in cui si parla dell’Isis, smonta le tesi, contesta gli argomenti, adopera, addirittura, anche un certo humour inglese e ha acquisito una grande popolarità tra i fighters stranieri che decisono di unirsi agli islamici.
La vicenda è ben raccontata da Bruno Ballardini, studioso della comunicazione e autore di Isis, il marketing dell’Apocalisse.
La tesi di Ballardini è netta: la Rete è un dispositivo formidabile utilizzato dallo Stato islamico più importante delle risorse economiche più o meno segrete detenute dagli uomini di al Baghdadi. Risorse finora poco verificabili mentre certo e concreto è l’utilizzo dei media e la capacità di gestire un vero marketin, cioè un una “relazione durevole tra il marchio e i clienti”.
Prima, la creazione del brand “Stato islamico”, poi il rebranding, cioè il Califfato. La gestione pubblica delle idee e delle pratiche dell’Isis passa, ad esempio, attraverso l’uso sapiente di video, fiction, documentari, un’attività cinematografica che vede al centro le case di produzioni, sotto controllo del Consiglio per i Media, come al Furqan, e la distribuzione competente ereditata da al Qaeda e oggi utilizzata con più cura e attenzione tecnologica.
L’attenzione alla propaganda, ai simboli, alla regia complessiva è dimostrata anche dalla decisione di battere moneta, il dinaro, ancorandolo all’oro, in una sovbrapposizione tra il “valore eterno” dell’oro e quello dell’islam. A spiegare il senso economico di questa scelta, guarda caso, è lo stesso Cantlie in un articolo apparso sulla rivista dell’Isis, Dabiq. Un altra spia di una regia macabra ed efficace.