Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  novembre 21 Sabato calendario

Un addio commosso a quell’onesto rompiballe di Gilberto Oneto

«Sono Oneto», telefonava con la voce pacata e stentorea di chi porta pazienza, orgoglio e umanità. E tu non sapevi se ti avrebbe proposto un pezzo sulle nefandezze di Garibaldi e del Risorgimento, una stroncatura di un progetto di Renzo Piano, un attacco a Roma ladrona, una denuncia di chi lucra sugli immigrati, una tirata d’orecchi a qualche leghista che si stava allontanando troppo dalla causa indipendentista o un’intemerata anti-meridionalista tout court. Comunque, eri certo che sarebbe stato un articolo controcorrente, provocatorio e apodittico, su cui non ci sarebbe stato margine di trattativa, prendere o lasciare. Ma soprattutto onesto, senza secondi fini, interessi spiccioli o messaggi trasversali.
Gilberto era così, netto e incorruttibile, alieno a ogni mediazione. Ma allo stesso tempo tollerante e libertario fino alla dolcezza, seppur sempre intesa in modo padano, quindi burbera e pudica. Un sognatore, che inseguiva i suoi sogni con feroce determinazione pur sapendo che non sarebbero mai diventati realtà, riuscendo a sposare miracolosamente lucidità di analisi e aspirazioni immaginifiche. Nello stesso modo ha affrontato la malattia.
Era passato in redazione, qui a Libero, a salutare due settimane fa. «Spero di arrivare a Natale» aveva confidato «ma sento che peggioro di giorno in giorno». Cionondimeno, raccontava di aver avviato dei lavori nella sua casa immersa nel verde a Belgirate per installare un ascensore che gli consentisse di muoversi senza fatica.
Non si è mai arreso al male («che ho da tutte le parti, probabilmente me lo porto da quando sono nato, perché non ho mai fumato, bevuto, ecceduto»), come non si è mai arreso ai cancri che divorano l’Italia, scansando le cure che lo debilitavano troppo per restare sempre lucido e in piedi, nemico di ogni dipendenza. Con il male come compagno, si spostava, scriveva, battagliava, viveva ogni giorno come fosse l’ultimo ma con la voglia del primo. E alle 12.30, da buon figlio del Nord, metteva le gambe sotto il tavolo.
È sempre stato libero e se n’è andato libero, unica persona tra le tante transitate per i corridoi della Lega a non aver raccattato nulla, malgrado i rapporti di amicizia e famigliarità prima con Bossi e poi con Salvini. Era un gran testone rompiballe ma era un punto di riferimento per tutto il mondo indipendentista e qualsiasi dirigente del Carroccio non poteva non averci a che fare, perché era il termometro dell’idealismo leghista, con il vantaggio che non chiedeva mai nulla per sé. Perché chiedere significa essere in debito e di conseguenza poter venire a patti abdicando a una parte di se stesso. E questo l’Oneter non poteva accettarlo, pur sapendo che l’indipendenza totale che perseguiva era un macigno su ogni sua azione o progetto.
Con la sua grande dignità da montanaro piemontese era incapace perfino di insistere per la pubblicazione di un suo articolo giacente o per la segnalazione di un suo libro in uscita. Ha sempre saputo cantare fuori dal coro ma mantenere la sua diversità come un valore aggiunto di tutta la squadra. E se qualcuno proprio lo faceva arrabbiare, partiva per una vacanza di tre settimane, in Grecia, Portogallo, Sicilia ovunque potesse fare bagni di sole e di cultura. Già, perché Gilberto la vita che si era costruito a modo suo se la sapeva godere fino in fondo.
In realtà non era un politico ma un intellettuale e un grande architetto paesaggista. Sicuramente con Gianfranco Miglio uno dei grandi pensatori della Carroccio. Però popolare, capace di abbracciare con uno sguardo e sintetizzare in una frase tutta quella immensa fauna leghista che talvolta può ricordare i clienti del bar di Guerre Stellari. Perché ne era lui stesso un avventore, un elfo dei boschi con gli occhiali tondi e il gilet trapuntato di colori. Era la prova che anche dietro lo stato brado del leghismo c’è un pensiero, ma soprattutto, una grande voglia di libertà e autonomia, prima individuale, poi di paese, quindi di regione; già il Nord per lui era un concetto troppo grande.
Addio Oneto, amico di Libero e di tutti gli uomini che hanno il coraggio e la forza di vivere liberamente. Oggi è il giorno del tuo funerale. Ti auguro si trasformi nella grande festa padana che è stata la tua vita, seria, acuta e leggera.
È stato bello conoscerti, sarà un caro dispiacere ricordarti.