La Stampa, 23 novembre 2015
Nel sessantesimo anniversario di quel giorno in cui Rosa Parks rifiutò di cedere il suo posto sopra un autobus di Birmingham, Obama critica gli studenti: «Sono preoccupato che i giovani vengano addestrati a pensare che, quando sono in disaccordo con qualcuno, l’unico corso da seguire è tappargli la bocca»
Certe volte nella vita il problema è che uno vince troppo, oltre le attese. Sta capitando a Rosa Parks, che vede oggi la propria eredità tradita da chi protesta dimenticando le sue lezioni di libertà e tolleranza? Oppure sono i sogni del movimento per i diritti civili in America che sono stati traditi, e richiedono adesso una nuova ondata d’urto?
Il primo dicembre segnerà il sessantesimo anniversario di quel giorno in cui Rosa rifiutò di cedere il suo posto sopra un autobus di Birmingham, Alabama, innescando la protesta che poi sarebbe stata identificata dagli storici come la scintilla del movimento per i diritti civili. Da allora a oggi sono stati compiuti molti progressi negli Stati Uniti, non ultimo l’elezione del primo presidente nero. Gli afro americani hanno conquistato il diritto di non essere discriminati, votare, e l’«affirmative action» che ha aperto loro le porte di università e business. Poi però capitano tragedie come quella di Ferguson, dove un poliziotto bianco spara e ammazza un diciottenne nero, e tutto sembra precipitare. Si capisce che l’odio razziale è ancora là dove lo aveva lasciato Rosa. I pregiudizi restano intatti e così le discriminazioni. Magari il poliziotto di Ferguson non ha neppure commesso un reato, sparando al giovane Mike Brown che lo stava caricando dopo aver rubato una scatola di sigari, ma il punto non è questo. Perché poi si scoprono tanti altri abusi che dimostrano l’esistenza di un problema irrisolto, con i neri che accusano i bianchi di discriminarli come mezzo secolo fa, e i bianchi che accusano i neri di non aver fatto abbastanza per cambiare le proprie vite.
«Black Lives Matter»
Dopo Ferguson, il movimento «Black Lives Matter» ha riportato l’attenzione dell’America sulle tensioni che ancora restano intatte, ma nelle ultime settimane questa polemica infinita ha avuto un’accelerazione nelle università, da sempre incubatrici del malessere giovanile e non. Si è cominciato dal Missouri, dove lo sciopero della squadra di football ha costretto il presidente dell’università locale a dimettersi; si è passati da Yale, dove ha fatto scandalo l’esclusione delle studentesse nere da un party di Halloween; e si è finiti ora a Princeton, dove il nome dell’ex capo democratico della Casa Bianca Wilson potrebbe sparire dagli edifici, perché era razzista.
Il fatto curioso è che su questa polemica ha preso posizione lo stesso presidente Obama, in una maniera inaspettata. «Il movimento dei diritti civili – ha detto alla tv Abc – è accaduto perché c’era la disobbedienza civile, perché la gente era disposta ad andare in prigione, perché ci furono eventi come il «Bloody Sunday», ma anche perché la leadership è sempre rimasta aperta alla possibilità della riconciliazione, e ha cercato di capire i punti di vista dell’altra parte, anche quando erano assurdi».
Quindi si è rivolto così agli studenti impegnati nelle proteste di oggi: «Non voglio pensiate che una dimostrazione della vostra forza sia semplicemente tappare la bocca agli altri. Parte della vostra capacità di produrre il cambiamento sarà capire gli argomenti dell’altra parte. Ho sentito di alcune università dove non vogliono avere un ospite perché è troppo conservatore, o non vogliono leggere un libro perché ha un linguaggio offensivo verso gli afro-americani, o manda un segnale denigratorio verso le donne. Devo dirvelo, non sono d’accordo. Non credo che quando diventi uno studente universitario, devi essere protetto dai punti di vista differenti».
Ricetta per il totalitarismo
Questa, secondo il presidente, è una ricetta per il totalitarismo: «Non devi avere paura di qualcuno che professa idee cattive. Battilo nella discussione. Spiega perché ha torto. Sono preoccupato che i giovani vengano addestrati a pensare che quando sono in disaccordo con qualcuno, l’unico corso da seguire è tappargli la bocca». I conservatori hanno applaudito, leggendo nelle parole di Obama la condanna della dittatura della «correttezza politica». Chissà se Rosa Parks pensa di essere stata tradita da questi studenti, o vendicata.