Corriere della Sera, 23 novembre 2015
La guerra culturale che servirebbe a sconfiggere l’Isis
Ci vorrebbe una grande, impegnativa guerra culturale per battere anche sul piano delle idee, oltre che su quello militare e investigativo, il fanatismo islamista, l’integralismo jihadista, il linguaggio radicale che attrae e seduce tanti giovani musulmani attratti dalla «purezza» dell’oltranzismo omicida. Una guerra culturale intelligente, pervasiva, generosa di mezzi per contrastare l’integralismo e l’oppressione delle tirannie teocratiche con il richiamo dei valori della libertà e della società aperta. Una guerra culturale che potrebbe prendere utilmente spunto da quella che gli Stati Uniti, e in particolar modo la Cia (sì, la Cia) hanno ingaggiato durante la guerra fredda contro l’Urss per mostrare quanto fosse più attraente il modello della libertà americana sull’oppressione del totalitarismo comunista. Una guerra per la conquista dei cuori e delle menti di chi stava dall’altra parte della cortina di ferro.
Si mise in piedi Radio Free Europe per trasmettere messaggi ai popoli schiacciati dal giogo sovietico. La Cia elargì cospicui finanziamenti all’arte e alla cultura libere. Non vennero lesinati sostegni all’avanguardia artistica e musicale, americana ed europea. Il Museum of Modern Art di New York, il MoMa, venne appoggiato con ingenti mezzi per la diffusione delle opere dei «maestri del modernismo» in suo possesso, da Matisse a Chagall a Kandinsky, per dimostrare la superiorità dell’arte libera su quella, irreggimentata e congelata negli stampi del «realismo socialista». Per lo stesso motivo la Cia non si risparmiò in aiuti allo stesso Andy Warhol. Furono promosse mostre in tutto il mondo occidentale di Jackson Pollock, di De Kooning, di Mark Rothko. Si diffusero le opere di musicisti d’avanguardia con lunghe tournée in Europa dell’orchestra di Boston. Venne aiutato John Ford e molti film americani trovarono sostegno economico per renderle competitive per i più importanti Festival del cinema, Cannes in primis. Fiumi di denaro di provenienza Cia finanziarono bellissime riviste culturali come Encounter in Inghilterra diretta da Stephen Spender e Tempo Presente in Italia con la direzione di Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone, legate all’Associazione per la libertà della cultura di cui fu protagonista Arthur Koestler. La «guerra culturale fredda», come è stata ribattezzata, ha affascinato anche Ian McEwan che ne ha scritto nel suo romanzo Miele. Una battaglia di lunga durata, come quella che va sostenuta oggi.