Corriere della Sera, 22 novembre 2015
Bruxelles teme gli attacchi e si blinda
A Bruxelles o nei dintorni. A Molenbeek o nel quartiere europeo. Da qualche parte, qui, ci sono almeno due uomini pronti a farsi saltare in aria con giubbotti esplosivi come quelli usati dai kamikaze a Parigi. L’Ocam, il Centro di crisi belga che valuta le minacce alla sicurezza nazionale, secondo i media francesi ne sarebbe così convinto da aver chiesto e ottenuto, fra venerdì sera e ieri mattina, di elevare al massimo lo stato d’allerta: livello 4 su una scala di 4, che significa «minaccia molto grave e imminente». E che vuol dire anche città militarizzata, blindatissima, semideserta, con metropolitana chiusa, con soldati e mezzi militari per le strade.
Una minaccia che parte da due «ragionevoli certezze», per dirla con le parole degli inquirenti. La prima è che Salah Abdeslam sia quasi sicuramente in Belgio, proprio nella regione di Bruxelles, la seconda è che lui abbia con sé il gilet imbottito di esplosivo che aveva addosso quando ha lasciato Parigi la sera della carneficina. Scappava dalla polizia e, secondo notizie non confermate ufficialmente, anche dall’Isis per non aver avuto il coraggio di diventare un martire come aveva appena fatto suo fratello Brahim. Ma quella sera, a Parigi, il commando di Salah era di tre persone, arrivate assieme sulla Seat nera poi ritrovata a Monteruil. Lui è in fuga, il fratello è morto. E il terzo uomo? È lui, oltre a Salah, il ricercato di Bruxelles? Gli inquirenti credono che il terzo del commando parigino potesse essere Abdelamid Abaaoud, il sanguinario indicato finora come la mente degli attentati e morto nel blitz della polizia a Saint Denis. Se fosse così il secondo uomo che sta tenendo in scacco il Belgio (sempre che non ce ne siano altri) non sarebbe un terrorista in fuga dopo aver partecipato al massacro parigino ma qualcuno non ancora comparso nello scenario ricostruito finora pubblicamente. Chiunque sia, anche lui, comunque, bardato con il giubbotto esplosivo, stando ai media francesi.
Ma c’è un altro sviluppo d’indagine che ha convinto gli uomini dell’Antiterrorismo di un possibile attacco imminente. Si tratta di un nuovo arresto a Jette, quartiere di Bruxelles. È un amico di Salah – A. Lazez, 39 anni – al quale la polizia è arrivata con una soffiata. Avrebbe ammesso di aver visto il fuggitivo una volta, sabato scorso. Il procuratore federale del Belgio ha spiegato che Lazez avrebbe aiutato l’amico in fuga (probabilmente molto più di quanto ammetta) e che a casa sua la polizia belga ha trovato esplosivi vari, cinque armi e delle cinture esplosive. Lazez è stato fermato nella sua Citroen (la stessa con cui pare sia stato visto Salah ad Anderlecht), nella quale è stata trovata un’arma e macchie di sangue in corso di analisi. E poi il dettaglio più inquietante: mentre si trovava negli uffici della polizia, Lazez avrebbe ricevuto un sms, «L’ebreo non è qui», sul quale non ha saputo/voluto dare spiegazioni.
Ce n’è quanto basta per aprire a uno stato di emergenza assoluto e far dire al premier Charles Michel che «c’è il rischio di attentati simili a Parigi, forse in molteplici luoghi» mentre il ministro dell’Interno ha annunciato di voler lanciare un controllo a tappetto, «casa per casa» a Molenbeek, il ghetto dal quale vengono alcuni dei jihadisti che si sono fatti esplodere settimana scorsa a Parigi e in precedenza in altri attacchi terroristici in Francia e Belgio. «Una misura necessaria» l’ha definita il ministro in una intervista alla stampa fiamminga, «perché è inaccettabile non sapere chi viva nel territorio di Molenbeek, in molte case sono ufficialmente residenti in due ma ci abitano in dieci». Ed è a Molenbeek che, durante una perquisizione, sarebbe stato trovato un arsenale che comprendeva esplosivi e prodotti chimici.
Molenbeek è a sei chilometri ma sembra lontanissimo dal centro di Bruxelles e dal quartiere europeo, dalle vie dello shopping e dai grandi magazzini che ieri, per la prima volta, erano chiusi per terrorismo, se così si può dire. Sbarrati tutti gli ingressi alla metropolitana, accessi controllati nelle stazioni ferroviarie, chiusi i centri commerciali, i musei, i centri sportivi, le discoteche, i cinema, i teatri, gli uffici pubblici, rinviati concerti e spettacoli vari, mezzi blindati nelle piazze e davanti ai luoghi sensibili come la Borsa o il Comune. «Sembra la guerra» è il commento sulla bocca di tutti mentre la polizia entra nei bar e nei ristoranti a chiedere «per cortesia stasera chiudete prima». Niente serata di divertimento per nessuno. Potrebbe esserci Salah, in ogni dove.