la Repubblica, 23 novembre 2015
Ritratto di Federica Brignone. La sciatrice italiana, figlia di Ninna Quario, la star della Valanga rosa degli anni Ottanta, fa sapere che adora gli occhiali da sole, che è poliglotta, fidanzata ma soprattutto dice che non ha più intenzione di mollare e venerdì ci riprova ad Aspen
Il 14 luglio, una madre per campione, un senso di città mai lasciato del tutto. Era la predestinata, Federica Brignone. Sugli sci a un anno e mezzo a Courmayeur a casa dei nonni, ma anche sulla moquette del soggiorno a Milano. Senza tetto né legge, tra poltrone e fiocchi freschi, bimba scalmanata di tutti i boschi. Ha imparato a parlare con la neve. E non ha mai smesso. Oro in combinata nel 2009 ai mondiali juniores, stesso anno del suo primo podio in Coppa del mondo in gigante, due anni dopo l’argento ai mondiali dei grandi a Garmisch sempre tra i pali larghi. Sempre troppo strette per lei, le curve: la smania di arrivare, l’incanto della velocità, le trappole del talento e patatrac, per terra c’è finita spesso. «E infatti l’anno scorso ho pensato seriamente di smettere: ero stufa di sfiorare la meta e poi lasciarmela sfuggire all’ultimo». Per un eccesso di passione, per la felicità di sciare. «Sapevo che avrei potuto fare e avere di più, e invece mi rimaneva sempre un senso di incompiuto e spreco. E allora quest’anno mi sono detta: ho faccio lo scatto e vinco, o mollo tutto». E infatti: finalmente Federica. Ghiacchio sotto, pista che gracchia, sole sulla prima gara dell’anno: un mese fa a Soelden ci sono tutte le meravigliose circostanze che annunciano promesse. Federica se le piglia, vince per la prima volta quello che troppe volte aveva accarezzato poi perduto per un niente. Dopo sette podi, tentativi e inganni, diventa davvero regina di se stessa. Due manche da padrona, non più la dissennata che sciupa amore. «È andata così: c’erano i presupposti per andare forte, anche se in allenamento andavo da schifo. Sempre dietro le altre, anche nei giorni prima della gara in Austria. Eppure sapevo di esserci. Sentivo che qualcosa era cambiato. Non qualcosa in particolare, ma un insieme di cose che mi davano confidenza. Tutto scorreva nella giusta direzione: in testa nella prima frazione, sciando facile. Libera, serena, dando il massimo ma senza strafare. E così nella seconda parte. Matura? Mah, ho ancora così tanto da imparare. Potrei rifarla mille volte quella discesa, per la naturalezza con cui mi è venuta. Mi ha dato una bella dose di convinzione e l’ha data a tutta la squadra. No, non vuole dire che lo rifarò, che rivincerò: però vincere dà gusto, e la voglia me l’ha messa».L’hai mai davvero persa, Federica? «Forse mai, nonostante lo scontento e la tentazione di lasciare. Ma io sono testarda, e innamorata di questo sport». E anche di tutti gli altri: surf, bici, lanci da aerei e strapiombi. Golf («da tanti anni, anche se dallo stile non si direbbe»). Dove c’è orizzonte e adrenalina, c’è Federica. Una caviglia infortunata. E forse quest’anno anche una Federica compiuta. Che ha un progetto, oltre che desiderio. Torna in pista venerdì 27 per il gigante di Aspen in Colorado, tra le montagne che a febbraio scorso sono state l’inverno dello scontento dello sci italiano (zero medaglie ai mondiali). In questi giorni ha mangiato ragù all’alba causa jet lag, in un appartamento con le compagne di squadra. Ride. E piange: ha twittato anche lei la Tour Eiffel con #prayforparis, alle questioni del mondo è attenta. Fu lei a dubitare sull’opportunità delle Olimpiadi invernali a Sochi due anni fa, c’erano minacce sulla sicurezza visti gli attacchi dei terroristi ceceni poche settimane prima. Lo disse, fu molto criticata. Fede pensa da sola, non si allinea. Vive in Val d’Aosta, ma è metropolitana dentro. Occhi verde-blu, adora gli occhiali da sole, è poliglotta, è fidanzata (col francese e collega Nicolas Raffort), è figlia d’arte. Sua mamma Maria Rosa Quario, per tutti Ninna, è stata la star della Valanga rosa degli anni Ottanta e adesso è giornalista (di sci). C’era anche lei a Soelden, e quasi balbettava. Qualche giorno dopo, ha messo in fila le parole: «Una di quelle cose che sogni per una vita e poi succedono. È stata una cosa forte. Molto più di quando vincevo io. Fede mi diceva: non voglio essere una brava sciatrice, ma vincere. Aveva paura di non saperlo fare. Per questo ha combattuto, e ce l’ha fatta». Ha preso la sua Bastiglia.Contro l’Ancien Régime, e contro la dittatura post adolescente dello sci: a Soelden ha superato Mikaela Shiffrin, 20 anni, e l’altra figlia d’arte di 26 Tina Weirather (il padre è il discesista austriaco Harti Weirather, la madre è l’olimpionica liechtensteinese Hanni Wenzel). Una stagione senza stelle come Tina Maze, altre in dubbio di forma (Lindsey Vonn). Fede: «Il ricambio generazionale dà energia. La famiglia? Conta: io quest’estate mi sono allenata molto con papà Daniele, noi nella nostra solitudine. Ma anche lavorare con le persone giuste ti cambia: ho scelto una preparazione più di qualità che di quantità, ho lavorato più intensamente e in meno tempo con Federico Colli. Sedute toste, credetemi. E poi il mio skiman Mauro Sbardellotto, l’ex della Deborah Compagnoni. Un orso, poche parole, ma quella giusta al momento giusto». Fede e la maturità, nella sua tempesta.