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 2015  novembre 21 Sabato calendario

Gente che se sai a memoria un versetto del Corano ti lascia vivere, se no ti ammazza (come ieri mattina nel Mali, come molte volte negli ultimi anni), è sufficiente, è calzante chiamarla “nazista”?

Siccome siamo in guerra ci servirebbero le parole giuste. Per esempio, gente che se sai a memoria un versetto del Corano ti lascia vivere, se no ti ammazza (come ieri mattina nel Mali, come molte volte negli ultimi anni), è sufficiente, è calzante chiamarla “nazista”? Il nazismo era genocida su basi razziali. Il jihadismo è genocida su basi confessionali. Il criterio sterminatore è ugualmente paranoico, ma molto difforme nel suo pretesto. “Razzismo religioso” non si usa dire (anche perché “religio” è termine che etimologicamente accorpa e lega, non che divide). Come definire, allora, chi classifica “impuro”, e dunque indegno di vivere, non l’altra razza, ma l’altra fede o cultura? A loro basta dire “jihadismo”, che dell’Islam è la lettura arcaica e l’applicazione violenta (come se ebrei e cristiani volessero prendere alla lettera e mettere in atto i tanti passi sterminatori del testo biblico). Ma a noi? Se è l’essere umano in quanto tale ad avere valore e diritti, come definire chi considera non uomini i non correligionari? Fanatico? Ce ne sono tanti. Criminale? Ce ne sono tanti. Stragista? Ce ne sono tanti. C’è qualcosa di tribale, di pre-civile, da “cattivo selvaggio”, in questa trasformazione di una fede in un tabù intoccabile. Nella modernità, noi ci siamo disabituati (per la nostra fortuna) a far coincidere il Libro con la Verità. Così queste sortite sanguinarie ci sbalordiscono, come venissero da un evo precedente. Come un attacco di zombie, dei quali chiedersi con terrore: ma come, non erano morti e sepolti?