La Stampa, 23 novembre 2015
«È morta tra le mie braccia. Sono rimasto con lei per un tempo interminabile, fingendomi morto, mentre i terroristi passavano a finire chi era soltanto ferito». Le ultime ore di Valeria nelle parole del fidanzato
In migliaia, senza sosta, giovani e anziani, con un fiore o un pensiero da lasciare sui due quaderni bianchi all’uscita della camera ardente. Nell’androne del municipio di Ca’ Farsetti, dove Valeria Solesin riposa in una bara di legno chiaro tra i fiori e le bandiere listate a lutto, il flusso di parenti, amici e cittadini qualunque non si è mai arrestato nella triste domenica di Venezia. Tutti a salutare o lasciare una preghiera a quella ragazza scomparsa nella tragedia di Parigi che, come ha detto mamma Luciana, «è diventata la figlia di tutti», e che domani riceverà l’ultimo saluto con una cerimonia laica, in piazza San Marco, alle 11 (ancora oggi la camera ardente sarà aperta per tutta la giornata).
Le indagini
Venezia ha vissuto una domenica scandita anche dalle novità sulle indagini: il fidanzato Andrea ha raccontato di essere rimasto con Valeria, colpita dai mitra dei terroristi, fino alla fine. Dal papà Alberto, invece, è arrivata una mano tesa al mondo dell’Islam: «Se un imam vorrà darci la sua benedizione – ha detto -, andrà benissimo».
La giornata era iniziata con la ricostruzione dettagliata degli ultimi istanti di vita di Valeria, su cui per giorni le ipotesi si sono accavallate. Il fidanzato Andrea Ravagnani ha raccontato sabato pomeriggio ai carabinieri, nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura di Venezia e coordinata dal procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito, di essere stato accanto a Valeria quando questa è stata colpita dalle raffiche dei terroristi: «È morta tra le mie braccia. Sono rimasto con lei per un tempo interminabile, fingendomi morto, mentre i terroristi passavano a finire chi era soltanto ferito».
Le teste di cuoio
Una versione che pare contrastare con le prime informazioni che erano arrivate da Parigi il giorno dopo la strage, secondo cui Ravagnani aveva perso il contatto con Valeria e non aveva informazioni sulla sua sorte. In realtà il ragazzo avrebbe perso di vista la fidanzata soltanto dopo l’irruzione delle teste di cuoio, sapendo forse che per lei non c’era ormai più nulla da fare. L’hanno colpita dall’alto, dal palco in cui era appostato uno dei cecchini che ha aperto il fuoco sulla folla. Tanto orrore, e i dettagli dell’atroce ricognizione medico legale sul corpo della figlia (morta probabilmente per dissanguamento), non hanno scalfito la dignità di papà Alberto, che ieri all’esterno della camera ardente ha aperto alla possibilità di una benedizione, domani, da parte di un imam: «La cerimonia è aperta a persone di ogni credo, e questo significa credere in valori che non sono divisivi – ha spiegato -. Mia figlia aveva un alto senso della giustizia. Amava stare con gli altri, era caparbia, una ragazza che faceva, e che di amici ne aveva tanti».
Il ricordo della città
Ieri, intanto, un flusso ininterrotto di visitatori per l’ultimo saluto a Valeria. Fiori, tanti biglietti, anche qualche libro e disegni di bambini. Si è visto anche il patriarca di Venezia, monsignor Domenico Moraglia, che domani presenzierà alla cerimonia di piazza San Marco: «La basilica è contenta di essere sfondo di questo avvenimento», anche se sarà un rito laico. Un funerale di Stato, con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il premier Matteo Renzi, invece, arriverà oggi nel primo pomeriggio per renderle omaggio nella camera ardente. E sarà a Venezia anche il presidente della Camera Boldrini.