la Repubblica, 21 novembre 2015
Tilda Swinton ha fondato una scuola, dove non ci sono voti né gerarchie
IMPROVVISAMENTE l’algida diva, silhouette elegante stagliata sul lungomare, sorride dolcissima. «Sì, c’è qualcosa che mi rende felice e mi coinvolge in modo totale da due anni a questa parte. È l’educazione. Ho co-fondato una scuola nel Nord della Scozia, in cui vanno i miei figli. Siamo tutti appassionati. E tutti impariamo». Tilda Swinton ricorda: «Non ho avuto un buon rapporto con l’istruzione codificata. Non ho mai sopportato gli esami continui e quell’idea di passività legata all’insegnamento tradizionale. Quando sono nati i miei figli ho iniziato una riflessione: ora sono così liberi, poi però dovranno crescere e andare a scuola. Dove troverò un’educazione che sia in grado di coinvolgere il loro spirito? Ho trovato una splendida scuola steineriana, ce ne sono molte nel mondo, anche da voi in Italia. Poi, arrivati all’adolescenza, sembrava non esserci più scelta. Non trovavo il luogo giusto e così ho deciso di fondarne una. È stata una delle decisioni migliori della mia vita, per quello che loro apprendono e per quello che imparo anch’io. Di loro, con loro». Tilda Swinton appartiene a una famiglia dalla lunga tradizione militare, il padre generale delle Guardie Scozzesi, il prozio tra gli inventori del carro armato. Da ragazzina frequenta la West Heath Girl’s School nel Kent, compagna di classe e amica di Diana Spencer, la futura principessa triste. «Non posso dire che la mia educazione sia stata particolarmente tossica. Ma non mi ha mai davvero coinvolto».
E continua: «Ho trascorso gli ultimi anni studiando, approfondendo il senso e i metodi dell’educazione. Ho iniziato a capire sempre di più quando la scuola è diventata per me qualcosa di alieno». Tilda Swinton, attrice finissima e intellettuale anticonformista, è cresciuta in un ambiente tradizionale, anche dal punto di vista scolastico. Sospira. «Ero oppressa. Come succede a tanta, troppa gente. Stressata dagli esami continui. A un certo punto mi sono semplicemente sconnessa dal percorso educativo». E ha deciso di fare di testa sua. «Sì. Ho imparato molto da sola. Ho formato da sola il mio pensiero. In un lungo percorso di studi, ricordo due soli momenti di luce. Quando ho finito il college sono andata volontaria in Africa, per due anni. Davvero pensavo allora che non sarei mai andata all’università. Poi invece alla fine mi sono iscritta a Cambridge, sostenendo un esame. Mi sono ritrovata in una scuola piena di maschi. Ricordo il primo giorno, studiavamo letteratura, l’insegnante mi ha chiesto la mia opinione. Ricordo che in quel momento sono quasi caduta dalla sedia per la sorpresa. Avevo diciotto anni e in tutta una vita scolastica nessuno aveva mai chiesto la mia opinione su nulla. Quella è stata la prima esperienza illuminante».
L’altro ricordo forte è legato a una figura femminile, «la mia tutor all’università, una grande donna. Avevo preparato uno spettacolo teatrale e lei mi chiese di scriverne. Del testo? Chiesi io. E lei “No, raccontami l’esperienza che hai vissuto interpretandolo, quel che ti è rimasto dentro”. Quello è stato il più bel tipo di insegnamento che ho avuto, ed è quello che hanno i miei figli oggi. Docenti che chiedono loro di guardare a se stessi e alle loro esperienze. Rispetto al mondo che li circonda. Trarre le proprie conclusioni, seguire le proprie ispirazioni. L’istinto. Essere in profonda connessione con se stessi».
L’ambiente formale e opprimente in cui è cresciuta Tilda Swinton non ha impedito lo sviluppo di una straordinaria personalità, non solo artistica. Ribelle e anticonformista, nei primi anni Ottanta, Tilda simpatizzava per il Partito Comunista della Gran Bretagna. Sul fronte artistico inizia presto la collaborazione con il regista, scenografo e pittore inglese Derek Jarman, di cui diviene amica e musa: debutta nel 1986 nel Caravaggio. L’Oscar lo vincerà nel 2007 con Michael Clayton.
In mezzo una teoria di premi, dai Bafta alla Coppa Volpi. «Ho sempre sviluppato un pensiero autonomo. Mi considero un’autodidatta». Con una personalità forte e il carisma che è capace di renderla credibile in qualunque ruolo, anche in quello della rockstar Marianne Lane per il film A Bigger splash di Luca Guadagnino, «un’amicizia iniziata 21 anni fa, subito dopo la morte di Derek Jarman, nel ’94. Luca era giovane ma aveva già grandi piani. Abbiamo iniziato subito a parlare, ci siamo intesi. Il suo punto di vista sulle cose è per me fonte di ispirazione, Le nostre chiacchierate sul cinema sono infinite, la sua preparazione è vasta e spazia dal cinema classico a quello più radicale. Siamo sempre alla ricerca di nuove soluzioni e questa ricerca comune fa di noi una squadra». Ma anche sul personaggio l’attrice ha imposto la sua visione: «All’inizio Marianne non era una rockstar ma un’attrice. Io ho scelto la musicista, anche perché avevo deciso che il mio personaggio non dovesse parlare. Venivo da un periodo difficile, avevo perso mia madre e avevo poca voglia di comunicare». Ha affrontato senza battere ciglio il pubblico dello stadio di San Siro, al concerto di Jovanotti. «Sono stati meravigliosi, ci hanno sostenuto, hanno iniziato a urlare il nome di una cantante inesistente».
Tilda Swinton ha saputo costruirsi una carriera solida e capace di spaziare tra Hollywood, autore e avanguardia. Ma anche costruirsi una splendida famiglia. La nascita dei suoi due gemelli è stata una svolta importante. «Sono cresciuti in una scuola, quella steineriana, dal nido all’adolescenza. Innamorati della lettura, della cultura. Volevo che mantenessero questo tipo di entusiasmo e una libertà di approccio. Così con il mio amico Krzysztof Zajaczkowski ho fondato la Drumduan school. Niente esami, niente test, nessuna gerarchia, e quando è possibile niente lezioni seduti al banco. La nostra scuola superiore è fondata sul modello steineriano ma l’approccio è più radicale, lo chiamiamo body based learning. Due anni fa avevamo 14 studenti, sette maschi e sette femmine, oggi sono trentadue e arrivano da tutto il mondo: Filippine, Hong Kong, Russia, Nuova Zelanda. Imparano la scienza facendo cose pratiche: costruiscono barche, mobili, coltelli. Studiano a blocchi, tre settimane a materia. Professori e studenti sono coinvolti, entusiasti, innamorati. Io sono fiera di aver studiato, di essermi formata da sola, ma sinceramente questa è la scuola che avrei voluto. Io ho una personalità forte, ma tutti i bambini la possono sviluppare ed è spesso il sistema scolastico che, specie da piccoli, ne rompe la volontà, forzandoli nelle convenzioni. Questo succede fin da piccoli, quando dovrebbero imparare ad arrampicarsi sugli alberi, relazionarsi al gruppo, giocare. Quando hanno sette anni poi l’abc possono impararla in poche settimane».
La vita parallela dell’icona Tilda Swinton, la più elegante, intellettuale, talentuosa, versatile, anticonformista delle attrici, è stata quella di madre impegnata a osservare, vivere, imparare insieme ai propri figli. Tornare a scuola con loro. «Vederli crescere è stata fonte continua di meraviglia. Ogni momento con loro è stata una sorpresa, ora hanno raggiunto il meglio. Mi emoziono quando li vedo ballare, fare scherzi originali, farmi ridere con un’ironia che non appartiene né a me né al padre ma è esclusivamente propria. Mi sembra che, qualunque cosa succeda, sono salvi. Perché hanno se stessi. Mi pare di aver portato sulla terra due magnifici esseri umani. E, mi creda, è un gran bel sentimento».