Corriere della Sera, 21 novembre 2015
Una nuova serie tv in cui ci si immagina che i nazisti abbiano vinto
Una svastica bianca sulla bandiera americana. I vessilli con la croce uncinata appesi in Times Square a New York. Quello immaginato da «The Man in the High Castle», l’attesa serie al via su Amazon Prime, è un futuro agghiacciante, un futuro artigliato dai Nazisti usciti vittoriosi dalla Seconda guerra mondiale.
Trent’anni dopo Blade Runner – anch’esso riadattamento del romanzo di Philip Dick —, Ridley Scott torna allo scrittore culto di fantascienza come produttore della fiction ispirata a La svastica sul sole (1962), uno dei suoi libri più famosi. Nel progetto il regista ha arruolato Frank Spotnitz, storico showrunner di «X-Files». Un’idea vincente. L’episodio pilota di «The Man in the High Castle», andato in onda il 15 gennaio scorso, si è aggiudicato il titolo di più visto e apprezzato della storia di Amazon, e l’edizione appena conclusa del Roma Fiction Festival ha assegnato alla fiction la corona di Miglior nuova serie tv.
«Nel 99 per cento dei casi in televisione il bene trionfa sul male – osserva Spotnitz —. Nella realtà, come ci insegna la storia, le cose vanno ben diversamente». Il punto di partenza della fiction, spiega lo sceneggiatore americano, «è mettere gli spettatori nella condizione di riflettere sul fatto che non è scontato che a vincere siano sempre i “buoni”, e a interrogarsi sui valori di ciascuno di noi. In questa serie i “buoni” hanno perso da tanto tempo e ormai il mondo vive nella sconfitta». Sul set, prosegue Spotniz, l’America e i suoi simboli sono stati sostituiti da quelli nazisti. «Vedere sventolare la bandiera nazi-americana con la svastica bianca, o a New York, in una Time Square distorta e corrotta, il marchio della Coca-Cola sostituito dal vessillo rosso con la croce uncinata, è stato fortemente disturbante. La vera forza della serie è proprio questa: la profanazione dei nostri simboli da parte di stranieri. Più familiare è la cosa e più è terrificante. Storia e identità nazionale sono concetti molto personali ma in qualche modo condivisi».
In un’intervista a Entertainment Weekly Ridley Scott ha ripercorso la genesi del progetto di «serializzazione» del libro di Dick, spiegando che l’idea è nata da «un film documentario del 1965, It Happened Here, in cui Kevin Brownlow e Andrew Molloe raccontavano una storia alternativa della Seconda guerra mondiale, con la Gran Bretagna conquistata dai nazisti. Mi aveva fatto una profonda impressione. Il concetto era: cosa sarebbe successo se loro avessero vinto e noi perso? Avremmo visto passeggiare le nostre ragazze in Piccadilly Circus sottobraccio agli ufficiali delle SS? “The Man in the High Castle” è stato scritto 17 anni dopo la fine del conflitto, non tanti, in fondo... Non me ne sono mai dimenticato, e quando David Zucker (un altro dei produttori della serie, ndr ) mi ha invitato a prendere parte al progetto, ha sfondato una porta aperta: ho aderito senza alcuna esitazione».
«Abbiamo dovuto riavvolgere il nastro della storia e determinare come la vittoria delle Potenze dell’Asse avrebbe potuto cambiare la traiettoria del nostro futuro – ha sottolineato il regista della serie Daniel Percival —. È stato un lavoro impegnativo».
Non è la prima volta che la fiction prende a prestito un’idea letteraria di fantastoria: nel 1994 il film tv di HBO, «Delitto di Stato» ( Fatherland, dal romanzo omonimo di Robert Harris), interpretato da Rutger Hauer e Miranda Richardson, immaginava l’Europa in mano ai Nazisti dopo il ritiro degli Alleati usciti sconfitti dallo sbarco in Normandia; stessa idea al centro di «Resistance» (2011) con Michael Sheen e Andrea Riseborough, e di «SS-GB», serie tv tratta dall’omonimo romanzo di Len Deighton in onda nel 2016 sulla BBC.