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 2015  novembre 21 Sabato calendario

Il governo è deciso a vendere le ferrovie. Il problema è come. Al capolinea il presidente Michele Elia e l’amministratore delegato Marcello Messori

ROMA Il treno di Marcello Messori e Michele Elia si avvicina al capolinea. Sarebbe ormai irreversibile la rottura tra il premier Matteo Renzi e il presidente e l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato. I due sono stati convocati mercoledì scorso dal presidente del Consiglio, che avrebbe manifestato l’insoddisfazione per la situazione di governo dell’azienda, paralizzata dai rapporti sempre più difficili tra gli stessi Messori ed Elia, mentre l’esecutivo ha necessità di accelerare il processo di privatizzazione della società, per rispettare gli obiettivi del Def (Documento di economia e finanza) e gli impegni presi con la commissione europea che prevedono cessioni nel 2016 per circa 8 miliardi, lo 0,5% del prodotto interno lordo. Ma proprio le modalità della privatizzazione sono uno dei temi che ha diviso l’amministratore delegato dal presidente Messori, che infatti aveva rimesso quasi subito le deleghe in materia, perché contrario alla privatizzazione in blocco della holding.
A questo punto non sembra esserci alternativa: o Messori ed Elia, in carica entrambi dal 30 maggio 2014, prenderanno atto del venir meno del rapporto di fiducia del governo nei loro confronti e rassegneranno le dimissioni oppure il governo sarà costretto a far dimettere la maggioranza dei consiglieri di amministrazione (almeno 5 su 9) per determinare il ricambio al vertice della società controllata al 100% dal ministero dell’Economia. Ricambio sul quale già girano le indiscrezioni sui possibili candidati. Tra questi, Renato Mazzoncini, amministratore delegato di Busitalia, società controllata dalle stesse Fs. Il consiglio di amministrazione del gruppo potrebbe tenersi nella prossima settimana. Su tutta la vicenda Palazzo Chigi oppone un «no comment» alla richiesta di chiarimenti.
Quel che è certo è che, dopo la privatizzazione delle Poste, Renzi e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sono decisi a puntare sulla vendita delle Ferrovie. Solo che la procedura è lunga. Ci vuole un doppio esame dei provvedimenti in consiglio dei ministri intervallato dal passaggio parlamentare. Anche partendo ora si rischia di concretizzare il debutto in Borsa solo verso la fine del 2016. Tanto più che il governo non ha ancora deciso se vendere il gruppo al completo o se scorporare Rfi, cioè la rete dei binari, che resterebbe pubblica, o se infine procedere allo spezzatino, collocando sul mercato il gruppo a tappe: Trenitalia con l’alta velocità; il resto del servizio passeggeri; il cargo e la logistica. Padoan sembra più orientato sulla vendita in blocco mentre l’altro ministro coinvolto, quello dei Trasporti e Infrastrutture, Graziano Delrio, pare invece più propenso a scorporare la rete. In ogni caso, per procedere è necessario che al vertice della holding ci sia management coeso e collaborativo. Un tandem diverso da quello rappresentato da Messori, economista, già consigliere per le privatizzazioni del governo D’Alema, ed Elia, l’ingegnere cresciuto nelle Fs e imposto dall’ex numero uno del gruppo, Mauro Moretti (ora in Finmeccanica) come suo successore.