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 2015  novembre 21 Sabato calendario

Ci aspetta, per colpa dei robot, un futuro senza lavoro?

Sta facendo molto discutere Rise of the Robots (L’avanzata dei robot) di Martin Ford, il libro di business dell’anno per Financial Times e McKinsey. Ford, un imprenditore del campo del software, non è il primo a vedere nella diffusione dei robot un pericolo per l’occupazione umana: nel club dei catastrofisti, che speriamo non abbiano ragione, ci sono scienziati come Stephen Hawking e inventori come Steve Wozniack. Peraltro è noto che la parola robot sia un neologismo introdotto nel 1920 dallo scrittore ceco Karel Capek. L’artista aveva avuto una visione – epilogo a parte in cui gli umanoidi si ribellano – che oggi è un dibattito suffragato da esperimenti: Amazon sta cercando di automatizzare tutta la filiera della consegna di un pacco. Ma il lavoro di Ford si spinge oltre rispetto alle pure analisi del fenomeno in quanto arriva a proporre un «reddito minimo per l’essere umano», un «dividendo per il cittadino» contro la «disoccupazione di massa». L’intervento è irrealistico ma ha il merito di imporre il robot nel dibattito sulle politiche salariali e sociali: non siamo solo di fronte a un tema di pura tecnologia, ma anche di politica in quanto saremo portati a decidere che mondo vogliamo. È curioso che nel 2014 un dibattito sulla retribuzione fosse stato sollevato dal libro di Piketty su rendite da patrimoni e redditi partendo dalle serie storiche francesi dell’800. Sembra quasi che l’economista guardi al passato e l’imprenditore al futuro. A noi il compito di vivere il presente.