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 2015  novembre 21 Sabato calendario

Tintoretto, Rubens, Pisanello, Mantegna, Jacopo Bellini: il clamoroso furto al museo di Castelvecchio

DAL NOSTRO INVIATO
VERONA I quadri sono stati staccati dalle pareti con facilità. Alcuni semplicemente prelevati da un cavalletto. Anche l’entrata dei ladri nel museo civico di Castelvecchio a Verona non ha incontrato ostacoli. Così la sera di giovedì tre uomini armati, con il viso coperto da passamontagna e con abiti scuri, dopo aver imbavagliato e legato la cassiera e la guardia giurata, hanno portato via diciassette quadri di grande valore artistico ed economico, 15 milioni circa. Tra questi sei dipinti del Tintoretto e capolavori di Rubens, Pisanello, Mantegna, Jacopo Bellini, Giovanni Francesco Caroto e Giovanni Benini.
Il colpo dell’anno, durato un’ora e dieci minuti, è stato compiuto in uno dei siti ritenuti strategici e sensibili dal Comune di Verona. Vigilato ventiquattro ore su ventiquattro, presidiato come una fortezza da 48 telecamere collegate a una sala operativa interna, da una guardia giurata armata, da un circuito di telecamere esterne e da un protocollo rigidissimo sulla sicurezza specie quando avviene il cambio del personale. Eppure i rapinatori sono penetrati con estrema facilità, probabilmente da una scala secondaria dal secondo piano. Il che fa supporre che conoscessero bene i meandri del museo. Molti i punti oscuri da chiarire per chi indaga (Squadra Mobile di Verona, coadiuvata dal Nucleo Tutela patrimonio artistico dei carabinieri). A cominciare dal mistero del sistema di allarme, che al momento della rapina non era attivato. Come mai?
Ogni sera il vigilante armato dà il cambio ai guardiani del Comune (sono undici per turno) alle 19.30. A quell’ora effettua un giro nelle sale, verifica che non ci sia più nessun visitatore e attiva il sistema di allarme alle 20. Giovedì sera non ha potuto farlo perché i banditi l’hanno imbavagliato e legato. Ma come mai alla centrale operativa dell’agenzia di vigilanza non è arrivato il segnale che il sistema non era stato innescato? Come si spiega che non si siano accorti di nulla? Per tutta la giornata di ieri la Questura non ha rilasciato chiarimenti.
Così, indisturbati, i rapinatori hanno avuto almeno settanta minuti per raccogliere 16 quadri staccati intatti con le cornici dalle pareti, accompagnati nel «tour» per le stanze del museo dal vigilante. Solo di un’opera hanno portato via la tela perché non sono riusciti a staccare il legno di cipresso della cornice dal muro. Alle nove e dieci sono fuggiti con l’auto della guardia. Dopo tredici minuti la cassiera, che nel frattempo era riuscita a liberarsi benché disabile e priva di un braccio e a slegare il vigilante, ha dato l’allarme. La guardia, interrogata, dirà in seguito che i banditi «avevano un accento dell’Est».
La modalità dell’operazione ricorda un furto avvenuto al museo Buehrle di Zurigo qualche anno fa. Anche in quel caso tre rapinatori avevano fatto irruzione con le armi e minacciato il personale. Tanto che la polizia svizzera parlò di «dimensione totalmente nuova nella cultura criminale, molto simile alle rapine in banca». Per questo lo smacco del museo di Verona è destinato ad innescare polemiche sulla tutela del patrimonio artistico in Italia. Per il sindaco di Verona Flavio Tosi si è trattato di «un colpo su commissione». E si dice disponibile a rafforzare le misure di sicurezza. Per i carabinieri l’impresa è apparentemente illogica: il valore dei quadri è alto. Sarà molto difficile venderli. Tesi sostenuta anche da Vittorio Sgarbi, per il quale «solo un deficiente ruba quadri simili che sono invendibili». Per il critico d’arte si tratterebbe dunque di un furto messo a segno con l’obiettivo di chiedere un riscatt o.