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 2015  novembre 21 Sabato calendario

I boss di Corleone volevano ammazzare Alfano

CORLEONE (Palermo) Ricotta e cicoria, greggi al pascolo e sacre scritture lette in meditazione fra i campi, con pause dedicate a summit per preparare omicidi e vendette. Sembra non sia mutata dai tempi dell’arresto di «don Binnu» Provenzano l’iconografia della mafia corleonese, la cosca dei padrini che nel ’92 voleva prendersi lo Stato, organizzava le stragi e per molti magistrati trattava con personaggi delle Istituzioni.
Eccola riproposta dai carabinieri con un blitz accelerato dopo eloquenti intercettazioni ambientali per bloccare un delitto e arrestare il nuovo presunto padrino di Corleone e dintorni, Rosario Lo Bue, un pastore un po’ eremita che con altri cinque complici, anche loro ieri in manette, pensava perfino alla «vendetta eccellente», ad un attentato contro il ministro dell’Interno Angelino Alfano, ritenuto dai boss troppo severo nella stretta del «carcere duro», il regime del 41 bis: «È un cane per tutti i carcerati... Deve fare la fine di Kennedy».
Un riferimento esplicito all’attentato del 1963 a Dallas. Come svelano due degli arrestati, Salvatore e Roberto Pellitteri, parlando con Piero Masaracchia nel vicino paese di Chiusa Sclafani: «Se c’è l’accordo gli cafuddiamo (diamo, ndr ) una botta in testa. Sono saliti grazie a noi. Angelino Alfano è un.... Chi l’ha portato qua con i voti degli amici? È andato a finire là con Berlusconi e ora si sono dimenticati tutti».
Il procuratore della Repubblica di Palermo Franco Lo Voi minimizza i riferimenti alla trame internazionale: «Improbabile immaginare che tre mafiosi del corleonese conoscano particolari sull’omicidio Kennedy...». Ma nelle bobine registrate dai carabinieri restano le sferzate contro Alfano («Dalle galere dicono cose tinte (brutte) su di lui») e lo scenario: «Perché a Kennedy chi se l’è masticato (chi l’ha ucciso)? Noi altri in America. E ha fatto le stesse cose: che prima è salito e poi se li è scordati». Un modo per dire che Kennedy sarebbe stato eliminato perché, eletto coi voti dei boss, non avrebbe poi mantenuto i «patti».
La replica di Alfano è stata immediata: «Vi sono tante donne e tanti uomini servitori dello Stato che rischiano ogni giorno come e più di me. Ho deciso io, come tutti loro, di non curarmi di queste minacce e andare avanti. So bene che Riina e i suoi seguaci me l’hanno giurata per due motivi: per il carcere duro e le leggi che avevo fatto approvare e per le confische dei loro soldi».
Offre nuovi spunti di riflessione quest’ultima inchiesta che, oltre a quello di Lo Bue, 62 anni, fratello di Calogero Giuseppe, arrestato nell’aprile del 2006 perché era uno dei «vivandieri» di Bernardo Provenzano, fa scattare gli arresti per Pietro Pollichino, 74 anni, pastore, referente nel paese di Contessa Entellina, Vincenzo Pellitteri, 63 anni, capo della «famiglia» di Chiusa Sclafani, i suoi due figli, Roberto, 25 anni, operaio incensurato e Salvatore, 23 anni, oltre al nipote Salvatore Pellitteri, 39 anni, di Chiusa Sclafani.
Ma non tutti negli ultimi tempi sopportavano la guida di Lo Bue riproponendo un antico scontro fra le due anime della mafia corleonese, quella irremovibile di Riina e quella apparentemente meno aggressiva di Provenzano. Di qui l’ansia di Masaracchia e di Antonio Di Marco, altro presunto boss di Palazzo Adriano, nell’attesa dell’uscita dal carcere nel 2018 di Giovanni Grizzafi, nipote di Totò Riina: «Qui debbono tremare tutti. Dopo 25 anni esce Giuvanni ‘u granni (Giovanni il grande)... Queste cose stanno succedendo perché non c’è né Binnu, né Totò e neanche Luca (Bagarella)...».
Frasi esplicite come il riferimento a un versamento per la famiglia di Riina: «Io so che Pietrino (Piero Masaracchia) ha fatto un dovere verso Corleone e per il figlio di Totò Riina... La prima volta mi sembra che gli ho dato un 4 mila...». Poi, ancora più chiaro, il progetto di uccidere un imprenditore senza nome per la cronaca: «Armiamoci di coraggio. Quando entra dal cancello non deve scappare, ci vuole uno che chiude il cancello, due da sopra che lo fermano e come lui scende gli faccio la festa subito...». Una ragione in più per accelerare il blitz.