Corriere della Sera, 21 novembre 2015
Finalmente un jihadista che non ha avuto il coraggio di farsi saltare in aria ed è ancora vivo: è Salah, ricercato a questo punto per vigliaccheria anche dall’Isis. Di chi è allora il terzo cadavere di rue Courbillon?
DALLA NOSTRA INVIATA
BRUXELLES Ha cambiato idea all’ultimo istante. Morire non dev’essergli sembrato così semplice come aveva imparato dai fratelli kamikaze arrivati a Parigi assieme a lui. Salah Abdeslam, oggi super-ricercato della carneficina della settimana scorsa, era «in uno stato di choc e indossava la cintura esplosiva»: questo (secondo il Nouvel Observateur ) avrebbero raccontato in udienza davanti al giudice i due amici partiti dal Belgio per andare a recuperarlo nella capitale francese e arrestati dopo averlo lasciato vicino allo stadio di Bruxelles. Sarebbe stato proprio Salah ad accompagnare fino allo stadio parigino (con la Clio ritrovata due giorni fa) i tre kamikaze che volevano la strage dei grandi numeri e invece hanno fallito perché uno di loro è stato scoperto dagli addetti ai controlli. Dopodiché si sarebbe spostato nel luogo in cui doveva agire il suo commando, quello della Seat nera. Suo fratello Brahim si è fatto esplodere, lui invece non ha avuto il coraggio di farlo, a giudicare dal racconto dei due amici. Non un difetto della carica esplosiva, ma semplicemente l’istinto di sopravvivenza.
L’uomo più ricercato d’Europa, quello che già prima della carneficina e prima che diventasse un fuggitivo era una «fiche S», minaccia per la sicurezza nazionale, ha avuto la sua possibilità di morire per la jihad e non è stato in grado di farlo. E adesso c’è chi sostiene che anche l’Isis sarebbe alle sue costole per punirlo. «Per vigliaccheria» (scrive l’ Independent ), perché avrebbe rifiutato il martirio fuggendo, a differenza di suo fratello Brahim morto davanti ai suoi occhi. Il motivo della sua sopravvivenza in effetti in questi giorni è stato un giallo per chi indaga. Se era previsto che lui non saltasse in aria, possibile che non avesse programmato la fuga e che abbia dovuto chiamare due amici in Belgio per farsi recuperare dopo il massacro? E poi c’è un altro mistero: il suo corpetto esplosivo. Lo hanno cercato ovunque. Inutilmente. Tutto questo mentre gli avvistamenti di Salah si moltiplicano e mentre emerge un altro dettaglio dell’inchiesta: nella Clio, annotato su un pezzo di carta, c’era scritto «Roiissy-Saint Martin-Repubblique». Sconosciuto, per ora, il senso dell’appunto.
Gli esperti scientifici dell’antiterrorismo cercano risposte, nuovi indizi e identità a cui risalire nel covo jihadista di Saint Denis. Ma da quell’appartamento devastato dall’esplosione sembrano arrivare più domande che risposte. Esiste un terzo corpo, ha confermato ieri la polizia. Senza precisare che quel «terzo corpo» sono piccoli resti di un cadavere le cui tracce biologiche non appartengono né ad Abdelamid Abaaoud – considerato la mente del massacro di Parigi e ucciso durante il blitz delle forze speciali dell’altra notte – né a sua cugina Hasna Ait Boulahcen, morta anche lei durante l’operazione di polizia. Il terzo uomo del rifugio di Saint Denis si è fatto saltare in aria, di lui sono rimasti soltanto frammenti ed è per questo che è così difficile identificarlo. Chi era quel terzo uomo?
Sono stati identificati ieri due degli attentatori che si sono fatti esplodere allo Stade de France venerdì 13 novembre: la procura fa sapere che erano stati controllati in Grecia il 3 ottobre scorso. E i media francesi aggiungono dettagli sulle rotte. Uno, l’uomo che si è fatto esplodere alla porta D, sarebbe passato dalla Grecia alla Turchia, per proseguire per la Serbia, dove avrebbe fatto domanda di asilo, e approdare infine in Croazia, ultima sua traccia. L’altro uomo, che si è fatto esplodere in rue Rimet, è stato identificato proprio grazie alle impronte digitali che aveva rilasciato il 3 ottobre in Grecia.
Ogni giorno un tassello in più per comporre il puzzle dei commando che hanno agito a Parigi. Tre la sera della carneficina e uno, si sono ormai convinti gli investigatori, pronto ad un altro attacco sventato con il blitz di Saint Denis.