Corriere della Sera, 21 novembre 2015
L’assalto di Bamako, Al Murabitun e il suo capo Mokhtar Belmokhtar. 27 cadaveri dentro l’hotel Radisson
PARIGI Gli Champs Elysées erano stati decorati con i colori della bandiera del Mali. Il presidente Ibrahim Boubakar Keïta, detto Ibk, era stato accolto con tutti gli onori. L’occasione era davvero speciale, la sua prima visita nel Paese che più di ogni altro lo stava aiutando nella lotta ai jihadisti islamici che minacciano una democrazia ancora fragile. «I progressi sono evidenti», aveva detto François Hollande. «Ma c’è ancora tanto da fare, per questo resteremo in prima linea». Era il 21 ottobre 2015, appena un mese fa.
Ieri mattina, ore 7.15 di Bamako, un commando composto da almeno tre terroristi ha aggirato facilmente le misure di sicurezza all’ingresso dell’hotel Radisson, il più grande albergo della capitale maliana, quello dove soggiornano i rappresentanti delle delegazioni di Nazioni Unite e Francia, oltre a turisti e uomini d’affari stranieri. Sembra quasi un tragico sberleffo il dettaglio che si siano messi in scia al passaggio di una macchina del corpo diplomatico per entrare nella struttura. Hanno ferito a raffiche di mitra i sorveglianti, non troppi per la verità. La discussione su misure di sicurezza limitate a qualche dosso per rallentare la velocità delle auto e una casupola poco animata è già cominciata.
Gli attentatori hanno proseguito verso l’edificio principale. Una volta nella hall, hanno cominciato a sparare. All’impazzata, raccontano i testimoni, senza guardare a colore della pelle o nazionalità. In quel momento il Radisson ospitava 140 clienti e 30 dipendenti, era pieno al 90% della sua capacità d’accoglienza, con stanze riempite da persone di 14 diverse nazionalità, ad ampia maggioranza francese. I membri del commando hanno radunato una cinquantina di ostaggi e si sono asserragliati al settimo e ultimo piano dell’hotel. Chi conosceva i versi del Corano poteva uscire, gli altri no. Un primo assalto dell’esercito maliano non ha avuto alcun risultato se non quello di un furibondo conflitto a fuoco. In tarda mattinata il secondo tentativo, con quaranta teste di cuoio francesi a dare manforte ai locali, insieme a soldati americani dell’Onu. È cominciato un assedio durato più di 7 ore, durante il quale gli ostaggi superstiti sono stati rilasciati, a gruppi di cinque per volta. I primi a essere liberati sono stati 12 membri di un equipaggio di Air France e 6 cittadini americani, particolare che lascia pensare a un attacco di natura «interna», teso a destabilizzare l’attuale precario equilibrio del Mali.
Alla fine il bilancio, ancora provvisorio, è pesante. Sono morti 27 ostaggi. Tra le vittime un alto funzionario del Parlamento belga, un americano, mentre non sembrano esserci cittadini francesi. Almeno tre terroristi sono stati uccisi «o si sono fatti esplodere», come ha riferito una fonte militare alla France Press. Sembra che ce ne fossero almeno altri 7-8 oltre a quelli che hanno forzato il posto di blocco, segno di una azione pianificata. La firma sull’attentato è arrivata quando l’assedio non si era concluso e il suo esito appariva incerto. Il gruppo jihadista Al Murabitun ha dapprima rivendicato su Twitter e in seguito con un più credibile comunicato letto al telefono all’emittente tv Al Jazeera.
È il più importante dei gruppi legati ad Al Qaeda che nell’aprile 2012 presero il controllo di un’ampia zona nel nord del Mali. Nel gennaio 2013 la Francia lanciò l’operazione «Serval». In apparenza con buoni risultati, disperdendo le milizie jihadiste, che però risultano ancora presenti in forze sul territorio. A marzo un attentato in un ristorante della capitale aveva fatto 5 vittime. Anche qui il mandante era Al Murabitun, creatura dell’algerino Mokhtar Belmokhtar, ex trafficante di sigarette detto anche Mister Marlboro. Sulla sua testa c’è una taglia di tre milioni di dollari messa dal governo Usa. Nel giugno del 2015 era stata annunciata la sua uccisione in un raid aereo in Libia. L’implicita smentita è arrivata ieri, con le parole del ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Vrian. All’origine dell’attacco al Radisson c’è senza dubbio Belmokhtar». Il presidente Hollande ha invitato i compatrioti residenti nei Paesi a rischio «a prendere le massime precauzioni». Non bisogna smettere di vivere, ha aggiunto, ma ora la nostra priorità è la sicurezza. In madrepatria come nel Sahel, non c’è pace per la Francia.