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 2015  novembre 20 Venerdì calendario

L’Italia ha congelato ai terroristi fondi per 4 miliardi

Nella lotta al terrorismo internazionale anche le “finanze” congelate hanno la loro importanza. A fine 2014 le risorse complessivamente sottoposte in Italia a misure di congelamento ammontavano a circa 32 milioni di euro, 3,6 miliardi di dollari Usa e poco meno di 200 mila franchi svizzeri, riconducibili a 67 soggetti. La diminuzione, rispetto all’anno precedente, dei fondi in dollari esposti alla voce “Talibani e Al-Qaeda” deriva dalla declassificazione di un singolo soggetto, con il conseguente sblocco dei fondi di sua pertinenza.
Basta leggere il rapporto annuale dell’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia, presentato a maggio di quest’anno, per comprendere la sensibilità e l’attenzione con le quali viene verificata l’osservanza da parte degli intermediari delle misure di congelamento di fondi e risorse economiche a soggetti sospetti.
Nel corso del mese di gennaio 2014, a seguito della stipula di un accordo diplomatico con l’Iran per una soluzione a lungo termine alla questione nucleare, sono stati innalzati i limiti per i trasferimenti di fondi da e verso soggetti iraniani. La soglia per l’obbligo di notifica preventiva al Comitato di sicurezza finanziaria è passata da 10 mila a 100mila euro; quella per l’obbligo di autorizzazione da 40 mila a 400 mila euro. A seguito di queste modifiche il numero di istanze di autorizzazione al trasferimento di fondi da o verso soggetti iraniani si è considerevolmente ridotto passando dalle oltre 4.300 del 2013 a circa 1.400 nel corso del 2014.
L’attenzione è costante nel tempo. Solo alla fine del 2011 – tanto per dare un parametro di riferimento – le risorse sottoposte a misure di congelamento ammontavano a circa 77 milioni di euro, riconducibili a 59 soggetti. La maggior parte dei fondi congelati (69 milioni di euro) si riferiva a operazioni e rapporti intrattenuti con le banche siriane. Oltre ai milioni di euro, risultavano congelati anche 777 milioni di dollari.
Quanto alle segnalazioni di operazioni sospette ricevute nel 2014, l’Uif sottolinea sì che derivano per la quasi totalità da sospetti di riciclaggio (99,9%) ma rileva soprattutto «tuttavia, che le modalità operative utilizzate per il finanziamento del terrorismo possono essere le stesse a cui si ricorre a fini di riciclaggio. Pertanto, operazioni del primo tipo possono essere percepite e segnalate dai soggetti obbligati tra quelle di riciclaggio. Un’attenzione più specifica al fenomeno potrebbe consentire l’emersione di un numero più elevato di casi meritevoli di esame».
Nel corso del 2014 sono pervenute all’Uif 93 segnalazioni di operazioni sospette di finanziamento del terrorismo (131 nel 2013), la maggior parte delle quali (oltre il 90%) trasmesse da intermediari bancari e finanziari. Il flusso in entrata è in calo da cinque anni consecutivi, sostanzialmente per effetto della progressiva contrazione delle segnalazioni originate dal meccanismo delle cosiddette liste nere del terrorismo internazionale. Il primo trimestre 2015, tuttavia, sottolinea l’Uif con i dati statici dei “Quaderni dell’antiriciclaggio – Primo semestre 2015” pubblicati a ottobre, manifesta una significativa inversione di tendenza (74 segnalazioni, oltre il triplo rispetto allo stesso periodo del 2014 e 131 nell’intero semestre), conseguenza di un’accresciuta sensibilità nei confronti del fenomeno indotta dall’inasprimento dello scenario internazionale.
Nell’ultimo quinquennio (2010-2014) l’Uif ha ricevuto complessivamente 822 segnalazioni di finanziamento del terrorismo; nel medesimo periodo ha analizzato 854 segnalazioni, archiviandone in media circa il 30%.
Il Comitato di sicurezza finanziaria presso il Ministero dell’Economia, nel luglio 2014 ha intanto presentato il primo rapporto sull’analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Da pagina 19 del voluminoso rapporto si legge il paragrafo sul terrorismo di matrice confessionale, che si spinge in valutazioni che da luglio 2014 ad oggi meritano forse di essere riviste. Si legge infatti che «è necessario operare una distinzione tra la minaccia terroristica e la minaccia di finanziamento del terrorismo: solo questa ultima, che il gruppo di lavoro ritiene poco significativa, è oggetto di analisi in questa sede. Sono invece valutate molto significative le criticità del sistema economico-sociale, per cui la valutazione finale del rischio inerente è abbastanza significativa».
Il Comitato di sicurezza finanziaria dettaglia anche le insidie che si nascondono dietro il trasferimento dei soldi. Mentre per i fondi raccolti in Italia che qui rimangono o che vengono trasferiti all’estero o che, infine, sono raccolti all’estero e trasferiti in Italia, ci sono possibilità di sviluppare attività di carattere preventivo e repressivo (basti pensare al monitoraggio effettuato sulle reti di money transfer) c’è una quarta modalità di raccolta che sfugge a controlli efficaci. Si tratta dell’ipotesi di finanziamento proveniente da fonti all’estero verso organizzazioni terroristiche/terroristi individuali attivi all’estero che tuttavia minacciano gli interessi dei Paesi occidentali. È questo il caso di quei flussi finanziari che alimentano le organizzazioni filo qaediste attive nei teatri jihadisti, come Iraq o Afghanistan, dove sono presenti contingenti militari o comunque interessi nazionali minacciati da possibili attacchi terroristici. «Questa categoria risulta di fatto impermeabile ad eventuali interventi di carattere nazionale – si legge nell’analisi del Comitato – richiedendo azioni sinergiche a livello sovranazionale». Chissà che i drammatici fatti di Parigi non diano una spinta in tal senso.