La Stampa, 20 novembre 2015
Il concerto di Madonna a Torino è iniziato con un’ora di ritardo a causa dei controlli. Poi lo spettacolo è stato perfetto
Con un’oretta di ritardo, e priva di ben 800 dei 12 mila spettatori muniti di biglietto, che non se la saranno sentita di arrivare al Palalpitour di questi tempi, Madonna è uscita dall’ormai nota gabbia con Iconic che eran quasi le 22,30, e circondata dai suoi guerrieri dorati e crocemuniti, in un balletto pittoresco quanto assurdo, ha iniziato la tre giorni italiana con un bel «Torino are you ready?».
Sul palco e sulle passerelle tutto è perfetto e patinato: video ad altissima definizione, costumi sfarzosi che sono un crogiuolo di stili ed epoche, tunz tunz e ambientazione giapponese per Bitch I’m Madonna. In sette minuti Madge aveva già cambiato tre costumi e pettinature, peggio di Houdini, e ha condotto il suo popolo entusiasta anche se provato verso più di due ore di allegre follie. dai simbolismi osé di Holy Water al predicone antialcol di Devil Pray. Un genere che da tempo è solo suo, onnivoro, stupefacente a tratti, kitsch e pure avvincente.
Questi concerti-show, tipici degli Anni 80 ai quali Madonna resta legata – antesignana del genere con Michael Jackson – seguono una scaletta prefabbricata per esigenze sceniche e di balletti. Come si sa però, la Material Madam traccia aperture di libertà all’interno della gabbia che si è creata, per poter esprimere le esigenze del momento: uno speech con Like a Prayer, o la dedica di La vie en Rose che cambia ogni volta, mentre parla seduta a bordo palco con l’ukulele, e cantando anche bene. Tutto il resto è programmato, sudore e prove di balletti vivaci e divertenti. L’idea è non solo portare le canzoni del non felicissimo album Rebel Heart, nella parte iniziale, ma celebrare l’intera carriera che l’ha resa Madonna, con un felice florilegio degli hit più significativi. Forse anche per questo il «Rebel Heart» è uno degli show più riusciti della sua storia artistica, con forte dedizione nei quadri d’insieme e acrobazie da Cirque du Soleil. Mille volte meglio dell’ossessivo e oscuro MDNA che l’ha preceduto.
Sono lucidati e rivisti i veri gioielli di un’età spensierata: Like a Virgin, rinfrescata da un profluvio di tamburi e accompagnamento minimale, e dopo la citazione di Sex (non esaltante) il momento più colorito è Isla Bonita: irrompe in tutta la sua lieve allegria, in un profluvio di afrori ispanici e flamenchi, fra tori e toreri futuristi, balletti e acrobazie. Rivivono certi sapori giovanili che alla provocazione preferivano il divertimento spensierato, anche in Who’s That Girl, dove si ricorda di quando non era nessuno. Music è un altro piccolo musical a sé, un omaggio alla tradizione di Broadway, dove la star in paillettes sembra una bambolina, altro che i 57 anni. Holiday, il primo successo, sarà poi il gran finale. Verso la chiusura di quasi 2 ore e mezza di spettacolo, tornano pezzi nuovi cui pare tenere molto, come Illuminati, ricco di funambolismi che richiedono esperienza, ai quali non si sottrae nemmeno lei, con l’orgoglio di una disciplina ferrea, o la sfacciata Unapologetic Bitch, la ragazzaccia che non si scusa mai.
Nella classifica di Billboard di inizio mese, il «Rebel Heart Tour» era al primo posto negli incassi, davanti agli U2. Dal debutto di Montreal, gli incassi comprese le prime 7 date europee sono a 117,8 milioni di dollari. Cifre di rispetto, ma minori rispetto al passato. L’impressione è che Madonna andrà avanti impavida, finché avrà tutto il fiato da spendere che ha mostrato ieri sera.