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 2015  novembre 20 Venerdì calendario

Non si sa se quest’inverno farà freddo o no. Tutta colpa del Niño

Avviatosi in sordina tra fine 2014 e inizio 2015, nel corso di quest’anno El Niño si è sviluppato fino a diventare uno degli episodi più intensi da quando viene monitorato, ovvero dal 1950. Si tratta di un anomalo surriscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico equatoriale e tropicale, al lago delle coste di Perù ed Ecuador, un fenomeno di per sè naturale che di norma si ripete a intervalli di 2-7 anni, tuttavia si teme che i cambiamenti climatici in corso possano alterarne le caratteristiche e aumentarne l’intensità. Si genera quando l’indebolimento dei venti alisei, che soffiano costantemente verso l’Equatore da entrambi gli emisferi, permette il riflusso di acqua molto calda dagli arcipelaghi tra Sud-Est asiatico e Polinesia verso oriente, che va dunque a concentrarsi in maniera insolita di fronte al Sud America. Furono i pescatori peruviani a chiamarlo «El Niño», riferendosi al bambin Gesù, dal momento che il fenomeno spesso tocca il picco proprio attorno al Natale.

Eccesso termico

Nell’ultima settimana una vasta porzione di oceano ha rilevato un eccesso termico di ben 3 gradi, come mai si era osservato in precedenza, tuttavia – per definirlo ufficialmente l’evento più marcato negli annali – occorrerà aspettare le statistiche trimestrali complete. L’insorgere del Niño determina in genere delle annate molto calde a scala planetaria, e non a caso il 2015 – con la complicità del riscaldamento globale – è ormai certo che diverrà l’anno più rovente dal 1880, ma la sua presenza è in grado di alterare i regimi di temperatura e precipitazioni soprattutto sulle regioni tropicali, e grazie alla sua evoluzione è possibile anticipare alcune anomalie climatiche più facilmente prevedibili proprio su quelle regioni.
Ad esempio ci si attende che l’episodio in corso possa portare un inverno più mite del consueto dall’India al Giappone, più siccitoso nel Sud-Est asiatico, alimentando ulteriormente i gravi incendi in corso da mesi in Indonesia, più piovoso invece sugli Stati americani del Golfo: inoltre l’estate australe potrebbe essere molto calda in Oceania.

Regioni tropicali

Via via che ci si allontana dalle regioni tropicali le influenze a lunga distanza – dette teleconnessioni – si fanno più labili e sfumate così che individuare tendenze precise sull’andamento stagionale soprattutto in Europa diviene un esercizio giustificato ai fini di indagine scientifica, ma assolutamente prematuro per la diffusione al pubblico. Ecco perchè sbandierare ai quattro venti con futuro coniugato all’indicativo dichiarazioni tipo «Sarà un inverno gelido, o piovossissimo o asciuttissimo» non è corretto. Una previsione deve avere un ragionevole livello di affidabilità per essere utile alla società, e per ora questa soglia di credibilità si ottiene solo fino a un massimo di una decina di giorni. Se queste previsioni stagionali funzionassero, qualcuno avrebbe dovuto avvertirvi a maggio che avremmo avuto il luglio più caldo di sempre, oppure a settembre si sarebbe dovuto anticipare un novembre tra i più miti da un secolo.
Se nessuno ve lo ha detto, non abbiamo ora motivi per credere agli annunci di un inverno glaciale o tropicale. Accontentiamoci di navigare sull’orizzonte previsionale della settimana, con la consapevolezza che il Niño ci porterà sicuramente molte sorprese meteorologiche.