Corriere della Sera, 20 novembre 2015
Jovanotti, concerto in tre atti. Sul palco di Rimini Lorenzo è tornato anche a suonare i dischi
«Sta scritto che prima o poi un tour di quel tipo mi aspetti... ci sto arrivando per gradi». Fino ai concerti negli stadi di quest’estate Jovanotti sublimava la sua anima da deejay nella preparazione di una scaletta da manuale, con il tour nei palazzetti partito ieri sera da Rimini le sue origini sono venute allo scoperto e si sono prese il loro spazio.
Nella seconda parte dello show Lorenzo rimane solo sul palco con il microfono e un campionatore per una versione di «Una tribù che balla» che sfuma in «Tanto (3)» e colpisce la pancia. Quando arriva «Musica», il pezzo dal cuore afrobeat, Jova appare al mixer in platea. Le sue dita corrono su cursori e pulsanti: «Mixo la band dal vivo, loro suonano sempre la stessa parte e io manipolo le loro “tracce” con aggeggi da dj e con il mixerone digitale di Pinaxa (l’ingegnere del suono, ndr ): è un effetto pazzesco, e nessuno ci aveva mai pensato».
Lo show non ha nulla a che vedere con quello negli stadi. «Questo concerto è figlio o parente di quelli estivi, la poetica è la stessa essendo lo stesso anche il disco, ma non volevo che fosse una semplice riduzione. L’unico concept era proprio questo: fare cose diverse», raccontava mercoledì notte al termine della prova generale. E allora è diverso il palco, un bersaglio caratterizzato da una passerella-schermo che si conficca come una freccia. «Il rischio di fare la televisione era alto: in tv ce l’hanno tutti, anche Carlo Conti». Su «Mi fido di te» il momento più emozionante: una riga nera su uno sfondo bianco simula una corda tesa e Lorenzo si immagina funambolo (dei sentimenti?).
Diversa anche la scaletta. Bentornata a una pietra miliare come «Mi fido di te», appunto, viene accantonata «Le tasche piene di sassi», debutta «7 miliardi». Non è la più facile scaletta, richiede attenzione continua da parte del pubblico. «Non volevo fare cambi di ritmo continuo, ma tre atti distinti: uno elettronico e scuro in apertura, poi una parte centrale lenta e un finale rock and roll, funky, festaiolo».
Lo show di Jovanotti assomiglia a Jovanotti. Non si può immaginare un altro lì dentro. Non solo per l’energia fisica. Farebbe ridere. Anche i costumi, frange come denominatore comune, parlano del suo immaginario che va dai lustrini a James Brown, dal grande made in Italy con gonne e mantelli dai ricami preziosi a una mascherina-schermo che lo trasforma in un cyborg.
Il palazzetto di Rimini ieri era controllato dai cani anti-esplosivo. Lo spettro della strage al concerto degli Eagles of Death Metal a Parigi si fa sentire. «Per la generazione Bataclan la musica è un luogo di raccolta, più ancora di quanto possano essere dei testi con carica sociale. In questi giorni ci siamo chiesti: “Cosa stiamo facendo?” E allo stesso tempo ci rispondevamo che non potevamo fare altro. Mai pensato di cancellare il tour».
«Lorenzo nei Palasport», circa 35 date con già una decina di sold out, si chiuderà a fine gennaio. Quindi stop, ma torneremo presto a sentire nuova musica a firma Jova. «Ho composto la colonna sonora per il nuovo lavoro di Gabriele Muccino. È un film indipendente che racconta la storia di due 18enni. Oltre a “L’estate addosso” ho composto anche le altre musiche».