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 2015  novembre 20 Venerdì calendario

A Milano la Giustizia del lavoro funziona: 15mila cause e zero arretrati

Una sentenza di primo grado in 5 mesi di media, esauriti più processi di quelli sopravvenuti, e arretrato (si fa per dire) ormai quasi solo di cause del 2015 e 2014: Milano campione d’Europa. Di cosa? Della giustizia del lavoro. 
In controtendenza con il luogo comune della lentezza degli uffici giudiziari italiani, la Sezione Lavoro del Tribunale di Milano, che con 15.000 fascicoli l’anno tratta 1 su 3 del totale di cause civili del capoluogo, con una durata media dei processi di 154 giorni batte persino i 168 della media continentale attestata dal rapporto Cepej sull’efficienza della giustizia nei 47 Paesi del Consiglio d’Europa; e anzi nell’ultimo semestre tocca quota 148 giorni, inferiore ai 5 mesi e dimezzata rispetto ai 13 mesi del 2007 (che già non erano malvagi nel panorama). 
La velocità sembra peraltro andare di pari passo con la quantità. Dopo che già l’anno scorso la Sezione Lavoro aveva fatto uscire 120 processi per ogni 100 entrati, quest’anno è riuscita ancora a esaurirne 106 per 100 nuovi arrivati: al punto tale che in questo momento i giudici lavorano in tempo pressoché reale, su cause 2014 e 2105, così da confinare nell’angolo delle curiosità il fatto che solo l’1,6% dei processi risalga al 2013, e appena 3 processi a prima del 2013. Per dare un contesto nazionale a questi risultati, bisogna considerare che il ministero della Giustizia, nel recente progetto «Strasburgo 2» di smaltimento dell’arretrato civile, chiede agli uffici italiani l’azzeramento tassativamente degli affari iscritti a ruolo fino al 2000, e in seconda battuta dei fascicoli iscritti a ruolo fino al 2005: due obiettivi rispetto ai quali la Sezione Lavoro presieduta da Piero Martello ha 10 anni di anticipo. 
In teoria la quantità può essere nemica della qualità: fare tanto non significa necessariamente anche fare bene, e le statistiche luccicanti possono celare polvere sotto i tappeti. Ma un senso devono averlo sia il fatto che solo il 5% delle sentenze vengano impugnate in appello, per la stragrande maggioranza trovando poi conferma; sia il fenomeno (simile a quello nella sanità) di qualcosa che somiglia ai «viaggi della speranza». Infatti il foro competente per le cause di lavoro, oltre a quello dove è instaurato il rapporto di lavoro, può essere anche quello dove ha sede legale la società: ed ecco, quando c’è questa doppia chance, è sempre più frequente che gli avvocati di chi propone causa optino per la competenza del foro di Milano, evidentemente perché qui contano di avere una sentenza di qualità in tempi più veloci che nel resto d’Italia. Perché? Certo il rito del lavoro è più agile, il clima con gli avvocati è ottimo (uno ha scritto all’Ordine: «Quando mi hanno dato un rinvio ad appena 20 giorni, ho dovuto guardare dalla finestra per essere certo che non fossi in Scandinavia»), e la cancelleria fa i salti mortali nonostante i vuoti d’organico. Ma molto pesa l’impegno dei 18 giudici (4 meno dei 22 in organico), che nel 2014 hanno tenuto 2.838 giorni di udienze, numero destinato a essere superato visti i 1.588 del primo semestre 2015. 
Più di tanti convegni, insomma, si misura così come la giustizia, oltre a prioritariamente ripristinare i diritti, possa funzionare da volano per l’economia, e non sorprende accada a Milano: nel congedarsi pochi giorni fa, ad esempio, il procuratore Edmondo Bruti Liberati rimarcava nelle statistiche 2010-2014 i «13.040 procedimenti per reati fiscali e fallimentari» smaltiti «con una durata media variabile tra gli 88 ed i 166 giorni», e ancor più i «3 miliardi e 611 milioni di euro di incassi» per l’Erario «relativamente a posizioni correlate a denunce per frodi fiscali, dichiarazioni infedeli o omesse».