la Repubblica, 20 novembre 2015
In Cina sono stati trovati batteri che resistono a ogni tipo di antibiotico. Si sono già diffusi in Laos e Malesia
L’incubo di un medico è trovarsi di fronte a un’infezione che non risponde agli antibiotici. Finora, nei casi estremi, si poteva usare un vecchio farmaco chiamato colistina. Ora in Cina sono stati trovati batteri resistenti anche a quest’ultima risorsa. La loro presenza è diffusa sia negli allevamenti di animali che fra gli uomini e si sta moltiplicando a un ritmo allarmante. Dalla Cina è già passata a Laos e Malesia. «Saremo costretti a dire a un numero crescente di pazienti: mi dispiace, per la sua infezione non c’è nulla da fare» ammettono in un commento su The Lancet Infectious Diseases David Paterson e Patrick Harris, due microbiologi dell’università di Brisbane.
Nell’ultimo numero della rivista medica britannica un gruppo di ricercatori cinesi riferisce infatti di aver trovato quantità tutt’altro che trascurabili di batteri invulnerabili, appartenenti ad almeno tre specie diverse e responsabili di infezioni che vanno da polmonite, dissenteria, infezioni del sangue e delle vie urinarie fino alla meningite.
Lo scudo che conferisce a questi batteri la resistenza all’antibiotico colistina è un gene chiamato Mcr-1. Il meccanismo che permette a questo gene di diffondersi a una velocità molto superiore al normale e di saltare da una specie di batteri all’altra si chiama “trasmissione orizzontale” o “trasmissione plasmidica”. Quando Mcr-1 si trova in un cromosoma può trasmettersi solo di padre in figlio. Quando invece riesce a inserirsi in un plasmide, cioè in un frammento molto mobile di Dna, ha la possibilità di trasferirsi in tutti i batteri vicini, anche appartenenti a specie diverse. «Possiamo paragonare i plasmidi alle app dei telefonini. In un baleno conferiscono agli apparecchi delle caratteristiche che prima non avevano» spiega Giuseppe Cornaglia, direttore della Microbiologia all’Azienda ospedaliera universitaria di Verona e presidente del Gruppo di studio sulla resistenza agli antibiotici della Società europea di microbiologia clinica (Escmid).
La “app” che rende i batteri invulnerabili ai farmaci (il gene Mcr-1) è stata individuata per caso nel 2011, durante un controllo di routine in un allevamento intensivo di maiali in Cina (la colistina usata in veterinaria). Pechino – «che ha imparato la lezione della Sars e ora prende molto sul serio questi allarmi» commenta Cornaglia – ha subito avviato una campagna di test sugli animali da allevamento e sui pazienti d’ospedale. I risultati sono stati allarmanti. Il gene Mcr-1 nel batterio Escherichia coli (dissenterie, infezioni delle vie urinarie, meningiti, polmoniti) è risultato presente nel 15% dei campioni esaminati di carne macellata di pollo e maiale, nel 21% degli animali da allevamento e in 16 pazienti ricoverati per infezione nella Cina del sud-est. Il gene che fa da scudo agli antibiotici è stato trovato anche in altre due specie di batteri: Klebsiella pneumoniae (polmoniti, infezioni delle vie urinarie) e Pseudomonas aeuruginosa (infezioni polmonari, della pelle, delle vie urinarie).
«In Italia abbiamo una situazione molto critica per quanto riguarda la resistenza agli antibiotici» spiega Annalisa Pantosti, dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità. «Quando nessun altro farmaco funziona, valutiamo l’uso della colistina, che è però un antibiotico piutto- sto tossico e difficile da usare». Casi di batteri resistenti alla colistina sono stati registrati anche in Italia, ma senza quella “trasmissione plasmidica” che rende la diffusione di Mcr-1 così micidiale. «Di fronte ai casi di resistenza cerchiamo di usare vari mix di antibiotici. Ma sempre più spesso purtroppo dobbiamo arrenderci» ammette Cornaglia. Il rischio, dopo la scoperta di Mcr-1, è che prendano piede nel mondo ceppi di batteri pan-resistenti, cioè invulnerabili a qualunque tipo di antibiotico. In Europa si stima che i microrganismi insensibili ai farmaci uccidano 25mila persone all’anno, soprattutto pazienti sottoposti a ricoveri lunghi e travagliati. Ma secondo una stima della Review of Antimicrobial Resistance questa cifra potrebbe arrivare a 390mila nel 2050.