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 2015  novembre 20 Venerdì calendario

Salah che si faceva le canne, che spendeva una fortuna per sbiancarsi i denti, che non si perdeva una partita di Champions, che usciva ogni sera con una ragazza diversa. Ritratto del killer jihadista che non ha mai messo piede in una moschea

Per gli amici di Molenbeek, per Omar, Youssef, Karim, è semplicemente impossibile. Salah è il killer col kalashnikov che ha fatto strage a Parigi? Salah un terrorista islamico? Un kamikaze? Lo stesso Salah che si faceva due, tre, quattro Jupiler di seguito? Salah che si svegliava alle tre del pomeriggio perché usciva ogni sera con una ragazza diversa (e soprattutto “europee”, l’ultima era un’inglese)? Salah che si faceva le canne, che spendeva una fortuna per sbiancarsi i denti, che non si perdeva una partita di Champions, che rideva sul terrazzo del bar del fratello Brahim (quello che si è fatto saltare sul boulevard Voltaire il 13 novembre) quando si parlava di terroristi e kamikaze? Proprio lui, Salah Abdeslam, belga, 26 anni. Nei manuali dell’Isis, va sotto la voce di “tagiya”, ovvero la dissimulazione: tutto è lecito, soprattutto bere, fumare, bestemmiare, vestirsi all’occidentale, tagliarsi la barba, improfumarsi, andare in discoteca, pur di ingannare polizia, amici e familiari e portare la jihad in Europa. Salah, a quanto parte, la “tagiya” l’aveva imparata benissimo. Probabilmente aveva avuto un maestro d’eccezione, Abdelhamid Abaaoud, la mente degli attentati di Parigi, ucciso nel blitz di Saint Denis: si erano incontrati in carcere, dove erano finiti per una stessa storia di rapina nel 2011.
UNA FAMIGLIA BENESTANTE
Sulla piazza principale di Moleenbeck, dove abitava con i genitori, il fratello Brahim, proprietario del bar Les Béguines, il fratello Mohamed, impiegato comunale, le due sorelle, conoscevano tutti gli Abdeslam. D’estate sempre tutti insieme a Bouyafar, il paese d’origine, a est di Tangeri. Al comune, dove Mohamed è da qualche mese al servizio statistico, fanno un ritratto di famiglia senza ombre. «Siamo lontani dai cliché della famiglia i cui ragazzi hanno abbandonato la scuola, o con problemi economici – ha raccontato una collega di Mohamed – Salah e i suoi fratelli, e anche le due sorelle, sono stati tutti a scuola. Ognuno aveva trovato la sua strada, avevano un lavoro. Secondo l’ultima dichiarazione dei redditi, avevano un imponibile di oltre 100mila euro, non certo quello di una famiglia che vive nel bisogno. Quello che è accaduto è impensabile. Agli occhi di tutti erano una famiglia senza problemi».
In tasca un diploma di perito tecnico, Salah condivideva con Brahim il gusto dei bagordi. Per gli amici era un simpaticone molto legato alla famiglia, un rubacuori che «solo una volta sembrava esserci cascato, che si fosse innamorato, ma poi l’aveva lasciata», un ragazzo che amava vestiti di marca, divertirsi, che andava pazzo per la birra Jupiler. A lavorare ci aveva provato ma non era durata. Per 18 mesi, tra il 2009 e il 2011, aveva fatto contento il padre tramviere e aveva lavorato come tecnico alla Stib, la società di trasporti del comune di Bruxelles, ma poi si era fatto licenziare: troppe assenze e ritardi. Da allora stava al Béguines, il bar che aveva rilevato il fratello Brahim. In realtà un locale dove prosperava la compravendita di hashish e pezzi d’auto rubate. Una decina di giorni fa, la polizia aveva fatto irruzione e messo i sigilli al locale.
SENZA RELIGIONE
Mai messo piede nella moschea del quartiere, mai mostrato, nemmeno per sbaglio un atteggiamento religioso. Eppure Salah era finito in una lista di 800 “a rischio” stilata dall’antiterrorismo belga. Suo fratello Brahim aveva tentato, senza riuscirci, di andare in Siria nel 2012. «Ma non mostravano segni di possibile minaccia – ha detto il portavoce della procura federale – Anche se li avessimo segnalati alla Francia, dubito che li avrebbero arrestati».