Corriere della Sera - Roma, 19 novembre 2015
Al processo per Mafia Capitale sono state ammesse come parti civili la gran parte delle associazioni antimafia e antiracket. Non significa che il tribunale abbia già deciso per l’effettiva esistenza dell’associazione mafiosa contestata a Carminati & Co. Però è un primo segnale
La lista delle parti civili nel processo a «Mafia capitale» è stata largamente ridotta dal tribunale: 23 richieste sono state accettate, 42 respinte. Una sforbiciata che ha tagliato via due terzi delle domande per i presunti danni subiti dalle attività illecite di Massimo Carminati, Salvatore Buzzi e soci. È stata una scelta molto meditata come dimostrano la lunghissima discussione, lo scontro verbale con gli avvocati che pretendevano di replicare alle argomentazioni contrarie, e la camera di consiglio proseguita fino a notte. Figlia dell’attenzione che si concentra su questo dibattimento, le tensioni che attira e la delicatezza dei temi in discussione; gli avvocati del Codacons, ad esempio, già protagonisti del diverbio in aula, esclusi per le troppo «apodittiche» affermazioni sulla cattiva qualità dei servizi offerti ai cittadini, hanno già annunciato ricorso in cassazione.
La gran parte delle Associazioni antimafia e antiracket, invece, sono state ammesse; il che non significa, ovviamente, che il tribunale ha già deciso per l’effettiva esistenza dell’associazione mafiosa contestata agli imputati. Semplicemente, prendendo atto del capo d’accusa disegnato dai pubblici ministeri, si è stabilito che gli Enti nati per contribuire al contrasto delle organizzazioni mafiose tradizionali conosciute e processate finora, hanno diritto a partecipare anche al giudizio contro questa nuova forma di mafia. Se mafia sarà. È u n passaggio importante, perché, pur senza anticipare sentenze, estende al reato individuato alla Procura quella forma di tutela collettiva rappresentata delle Associazioni.
Ugualmente importante è il riconoscimento attribuito al Partito democratico del Lazio di potersi rivalere sui soli «imputati iscritti o eletti nelle liste del partito». Significa che il tribunale intravede un interesse leso che il Pd può rivendicare, ma soltanto – come avevano chiesto gli avvocati difensori, in primis quello di Carminati – nei confronti dei propri militanti o rappresentanti portati alla sbarra.
In generale i giudici hanno mostrato particolare attenzione nel selezionare con cura e valutare caso per caso. Anche per non alimentare il sospetto di un processo-carrozzone (altro temine risuonato dai banchi delle difese) sul quale far salire chiunque voglia approfittare dei riflettori accesi; dai singoli cittadini, parlamentari o consiglieri comunali (spetta agli Enti di appartenenza sollevare il caso), fino ad associazioni di grido come Confindustria, che hanno ipotizzato danni troppo «generici». Al di là del merito delle decisioni (sempre discutibili) è un segnale di serietà ed equilibrio. Utile a far partire il dibattimento con il piede giusto.