Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  novembre 19 Giovedì calendario

Chi ha paura di Airbnb?

Àncora di salvezza per i giramondo con budget limitato o strumento speculativo per gli squali del mattone? Gli italiani sono fra i più attivi nell’utilizzare Airbnb, piattaforma che, come recita l’homepage, permette di affittare alloggi unici in 190 Paesi. Due milioni di offerte in 34 mila città e nel listino figurano anche 1.400 castelli. Fondata nel 2008 a San Francisco da Brian Chesky e Joe Gebbia, da allora il portale è stato usato da oltre 60 milioni di persone. 3 milioni sono venuti in Italia.
Il sito di affitti temporanei è al centro di accese controversie in tutto il mondo. L’ultima, in ordine di tempo, proprio a San Francisco. In città, lo scorso 3 novembre, c’è stato un referendum contro la sua espansione, bocciato però dalla maggioranza dei votanti.
Per me che abito a New York Airbnb è la risposta pronta a tutti gli amici a caccia di consigli per un albergo “carino e che costi poco”. Le sue offerte sono davvero convenienti. Chi volesse fare le prossime vacanze di Natale a Manhattan e si accontentasse di una stanza privata con bagno, ne troverebbe oltre 300 a un prezzo medio di 113 dollari per notte contro una media di 213 dollari per una camera in hotel.
Tra i moltissimi nemici di Airbnb, in prima linea troviamo le associazioni degli albergatori, che l’accusano di favorire l’esercizio abusivo della loro professione. Poi ci sono i proprietari di appartamenti in palazzi come il mio, a Manhattan, che non vogliono un viavai di estranei e hanno quindi vietato per regolamento interno gli affitti a breve termine. E in molte città sono fiorite organizzazioni di inquilini secondo cui è degenerata la buona idea iniziale di Airbnb: offrire alla gente “normale” la possibilità di arrotondare le entrate affittando ai turisti la camera in più delle loro case. Ora la piattaforma è diventata uno strumento nelle mani dei professionisti del mercato immobiliare per guadagnare molto di più che con i contratti normali, accusano i critici, con l’effetto di alzare alle stelle i prezzi e trasformare il tessuto sociale di intere comunità. La tesi dei fondatori della società, valutata oggi 25 miliardi di euro e in procinto di quotarsi in Borsa, è che non è colpa loro se il mercato immobiliare di San Francisco e di altre città è impazzito. Per darvi un’idea: per un appartamento con una stanza da letto si può spendere in media 4 mila dollari al mese.
«San Francisco l’ho conosciuta per la prima volta da studentessa nel 2006. Allora, per una stanza singola in un bell’appartamento in un quartiere alla moda come Mission pagavo 700 dollari al mese. Oggi non la prendi per meno di 3 mila», racconta Elena Favilli, 33 anni, che nel 2012 si era trasferita sulla Baia per far crescere la sua startup Timbuktu, un magazine per bimbi su iPad, e che ora vive a Venice Beach, Los Angeles. Elena ha usato Airbnb per cercare casa. «Altrimenti, nel 2012, non sarei riuscita a trovare un alloggio prima di lasciare l’Italia, perché nessuno ti fa un contratto senza vederti di persona», racconta Elena. «Se devi stare in città per un breve periodo Airbnb è una soluzione comoda. Il problema sorge quando ci vuoi abitare a lungo». In realtà, oggi c’è poca offerta, conferma Elena: «Tutti cercano di incentivare contratti brevi perché guadagnano molto di più. Quindi è vero, il controverso sito ha contribuito enormemente a far lievitare dei prezzi e a cambiare il tessuto sociale. È uno dei motivi per cui ho deciso di traslocare. Quando gli unici che incontri sono i ricchi ragazzini che lavorano per Google (che ha qui una sede, ndr), ti chiedi chi te lo fa fare di pagare certe cifre per stare in un posto del genere». Sempre in California, a Santa Monica, il comune vieta ai proprietari di locare con Airbnb quando non sono in casa. A New York esiste il divieto di affitti inferiori a un mese e una multa di 1.600 dollari per chi lo fa, ma la penale potrebbe alzarsi a 50 mila dollari, per evitare che i proprietari mandino via i normali inquilini e trasformino i palazzi in hotel abusivi. A Washington, il sindacato dei dipendenti di alberghi appoggia la proposta di permettere di affittare con Airbnb solo a chi è registrato come imprenditore. E in Europa? A Berlino dall’anno prossimo chi possiede una casa potrà affittarla a breve termine solo con un’autorizzazione speciale. In Italia Airbnb è molto popolare. Il nostro Paese è il terzo per alloggi disponibili, 180 mila, cresciuti dell’87 per cento nell’ultimo anno. Sono soprattutto le donne (56 per cento) quelle che offrono un alloggio attraverso il sito. E sono giovani: l’età media è 42 anni. Nonostante tutto questo, gli affitti per ora non sono cresciuti nemmeno a Milano, dove molti dei 21 milioni di visitatori dell’Expo hanno approfittato delle offerte online (nel momento in cui scriviamo AirbnbItalia sta elaborando i dati stagionali).
Penso anche alle mie esperienze di viaggio con gli affittacamere trovati online, tutte positive. Sarebbe un peccato che regole troppo restrittive rovinassero questa piattaforma così utile a noi giramondo.